(foto EPA)

possibile svolta?

Espulsi 80 diplomatici europei (24 italiani). La rappresaglia di Putin e gli effetti sulla guerra

Redazione

L'allontanamento dei rappresentanti dei governi occidentali era prevedibile (e sarebbe potuto essere peggiore). Intanto la rottura diplomatica ci dice che siamo entrati in una fase in cui si intravede un barlume di negoziato

La Russia che molti commentatori descrivono disposta al dialogo e alla trattativa ha espulso oggi un’ottantina di diplomatici europei, in particolare di Italia, Francia e Spagna. E’ una rappresaglia attesa: dal 24 febbraio, il giorno in cui Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina, a oggi i paesi europei hanno espulso in tutto circa trecento diplomatici russi accusati per lo più di spionaggio – accusa che Mosca nega. Ad aprile la Russia aveva espulso 45 polacchi e 40 tedeschi, ieri ha espulso 34 francesi, 27 spagnoli e 24 italiani, e ora vuole dedicarsi ai diplomatici finlandesi (ne ha espulsi due alla vigilia della formalizzazione dell’adesione alla Nato), romeni, danesi, svedesi, norvegesi e giapponesi. Il primo ministro italiano, Mario Draghi, era in conferenza stampa con la premier finlandese Sanna Marin, in visita in Italia, quando si è saputo dell’espulsione: l’ha definita “un atto ostile”, ma ha aggiunto che i canali diplomatici non devono essere interrotti.


Fonti della Farnesina ci fanno sapere che non soltanto la rappresaglia era attesa ma che in realtà è stata meno dura del previsto: ci si aspettava l’espulsione di circa trenta diplomatici. Parigi ha condannato “fermamente” l’azione russa dicendo che “non ha alcun fondamento legittimo”. La reazione di Madrid è stata analoga. 

Al di là della contabilità della rappresaglia, la risposta europea è più o meno sintetizzabile così: eravamo preparati. Questo non significa che venga sottovalutata la potenziale (e pericolosissima) imprevedibilità di Putin, ma che molte cose sono state messe in conto. La stessa Finlandia, da quando ha annunciato la sua volontà di entrare nella Nato – Draghi ha detto alla Marin: “L’Italia appoggia con convinzione la decisione della Finlandia, così come quella della Svezia. Siamo d’accordo per rendere le procedure per le adesioni più celeri: dobbiamo sostenere i paesi nel periodo di transizione” – è stata minacciata dalla Russia sulle forniture di gas e dell’elettricità, ma ha risposto: siamo pronti. Così come la Marin ha detto che il suo paese è disposto “a fare di più” e a studiare strumenti congiunti con l’Ue per diminuire la dipendenza strategica dalla Russia.

La Commissione europea ha annunciato oggi, oltre ai finanziamenti per la ricostruzione dell’Ucraina, lo stanziamento di 210 miliardi di euro per accelerare la produzione di energie rinnovabili e il risparmio energetico per affrancarsi dalle importazioni russe. La questione energetica continua a essere la più tormentata in Europa, non soltanto per l’ostilità dell’Ungheria, ma si sta lavorando per trovare un accordo pure se questa lentezza, come si sa, sostiene le casse di Putin, che sono messe malissimo, secondo l’analisi del segretario al Tesoro americano, Janet Yellen, ieri al G7 economico a Bonn. La Yellen ha anche annunciato che l’esenzione nelle sanzioni alla Russia che permette al paese di continuare a pagare il suo debito in dollari sarà sospesa, mettendo ancora più sotto pressione la Banca centrale russa. 

L’isolamento di Putin continua e l’occidente sembra aver imparato un po’ meglio di prima a fare i calcoli e a limitare i danni delle rappresaglie russe. La rottura diplomatica, pur se prevista, in realtà ha un impatto più grande sull’evoluzione della guerra, se è vero che si sta entrando in una nuova fase in cui il cessate il fuoco è più plausibile e quindi con esso anche un barlume di negoziato. La speranza è forte più dalle nostre parti che da quelle di Putin, che ha ottenuto il suo primo, evidente successo con il controllo di Mariupol. Proprio la caduta della città portuale assediata e distrutta potrebbe portare Putin a rilanciare il conflitto per uscire dal pantano in cui è nel Donbas. La gestione dei combattenti dell’acciaieria di Mariupol, ora prigionieri di guerra, non fa ben sperare per una eventuale tregua, anzi, tutto il contrario.

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