In tribunale a Kyiv il soldato russo che ha ucciso un civile. I dati dell'orrore e i conti da regolare

Paola Peduzzi

Il primo processo ucraino a Vadim Shishimarin. Il procuratore generale dell’Ucraina, Iryna Venediktova, prova per prova sta ricostruendo i crimini di guerra commessi dall’esercito di Vladimir Putin

Vadim Shishimarin ha ventuno anni, gli occhi bassi, la felpa col cappuccio, i pantaloni della tuta, le manette. E’ il primo soldato russo a essere comparso in tribunale a Kyiv per rispondere dei crimini commessi durante la guerra. E’ accusato di aver ucciso, sparando con il kalashnikov da un’auto rubata, un uomo di 62 anni disarmato su una bicicletta che parlava al telefono: era il 28 febbraio, a Chupakhivka, nella regione di Sumy, nel nord-est dell’Ucraina. L’uomo era quasi arrivato a casa, è morto sul colpo. A Shishimarin è stato ordinato di sparare perché così l’uomo non avrebbe riferito dell’arrivo dei russi nella cittadina.

 

Rischia dai dieci anni di prigione all’ergastolo. I capi di accusa saranno formalizzati il 18 maggio. Shishimarin è stato intervistato il 19 marzo dal blogger Volodymyr Zolkin che è diventato famoso perché filma i prigionieri di guerra russi e cerca di metterli in contatto con le loro famiglie. Nel video, Shishimarin dice che a lui e alla sua divisione era stato ordinato a gennaio di andare a fare delle esercitazioni a Voronezh, nella Russia sudoccidentale a 320 chilometri dal confine con l’Ucraina. Racconta anche il momento della cattura: il convoglio di mezzi con cui viaggiava stava trasportando i soldati feriti che avevano bisogno di cure, è stato accerchiato dagli ucraini e tutti sono stati fatti prigionieri. Il ragazzo chiama suo padre, gli dice che lui e gli altri sono trattati bene e che spera che ci siano negoziati per uno scambio di prigionieri. 

 

Il padre dice: “E’ soltanto un soldato, non penso che sapesse dove stesse andando”. “Voi dite che ha invaso, a noi viene detto che stiamo difendendo il paese. Voi sentite una cosa, noi ne sentiamo un’altra”, dice il padre. Shishimarin telefona anche a sua madre, che spiega che in Russia ci sono notizie confuse su quel che accade in Ucraina e chiede perché si stanno mandando “i nostri figli” a combattere. Shishimarin non ha risposto alle domande dei giornalisti, non ha mai alzato lo sguardo ed è rimasto in silenzio mentre attorno le telecamere e i fotografi riprendevano questo primo processo che probabilmente resterà unico nel suo genere perché l’imputato è presente in aula e perché il processo inizia a conflitto ancora in corso. Gli altri grandi processi della storia, a cominciare da quello di Norimberga, sono iniziati dopo la guerra, e questo rende ogni cosa più impressionante. A partire dallo stesso Shishimarin, che dimostra meno dell’età che ha e che rappresenta quello che abbiamo imparato a conoscere dei soldati russi: sono arrivati in guerra senza saperlo, eseguono ordini brutali pensando di dover combattere contro i nazisti, hanno mandato di colpire indiscriminatamente e di raccogliere informazioni anche attraverso le torture, e poi sono giovanissimi e razziano la biancheria intima per spedirla a casa alle fidanzate e alle sorelle. 

 

Il procuratore generale dell’Ucraina, Iryna Venediktova, sta compilando assieme all’intelligence i dossier sui crimini commessi dalla Russia prima dell’invasione: prova per prova sta ricostruendo gli orrori commessi dall’esercito di Vladimir Putin. Il quale nega ogni cosa (nega anche le batoste che i suoi soldati stanno prendendo dalle forze ucraine), sia gli abusi sia le uccisioni di civili. Giovedì il capo della commissione per i diritti umani dell’Onu, l’ex presidente cileno Michelle Bachelet, ha detto che sono stati ritrovati nell’area a nord di Kyiv occupata dai russi (e poi liberata) mille cadaveri di civili, uccisi in esecuzioni o da cecchini. Bachelet ha aggiunto che il numero è destinato a salire.   

 

L’Ucraina ha già cominciato a fare i conti con i russi: fa parte del suo spirito, del suo desiderio di tornare alla normalità. Gli ucraini tornano a casa dai paesi in cui si erano rifugiati nella prima fase del conflitto a un ritmo molto sostenuto: raccontavano di essere partiti senza aver chiuso la porta, pensavano già al ritorno. E quando tornano o anche quando i russi se ne vanno contano i morti e i danni, adibiscono i prati a nuovi cimiteri, ripuliscono più in fretta che possono le tracce dell’orrore. E parlano di ricostruzione con una insistenza che qui ancora non abbiamo colto, presi come siamo a elucubrare sui negoziati e sulla pace. Il Parlamento di Kyiv ha approvato il decreto del presidente, Volodymyr Zelensky, ha deciso di nazionalizzare gli asset finanziari delle filiali in Ucraina di due banche russe, la Sberbank e la Veb, confiscandone quindi tutti i beni. La Russia ha detto che ricorrerà a un arbitrato perché questa nazionalizzazione è contro le regole sugli investimenti all’estero, ma sul rispetto delle regole Mosca ha talmente tanti problemi che è possibile che le cose vadano per le lunghe. Mentre Kyiv va di fretta, riduce gli orari del coprifuoco, apre cantieri a grande velocità, vuole regolare i conti.

  
     

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi