Perché è pericoloso insistere sul supporto della Cia agli ucraini

Cecilia Sala

A nord di Kharkiv gli ucraini si liberano dei russi che cercano gli “occhi del diavolo americano”

Kharkiv. “Dove sono gli occhi del diavolo americano?’, Prima con la voce ferma, poi urlando. Io lo guardavo e non capivo, lui lo ha ripetuto tre volte e poi una quarta puntandomi il kalashnikov addosso”, dice Nykola Rudenko facendo il gesto del fucile con le mani. Nykola è di Ruska Lozova, un villaggio sette chilometri a nord di Kharkiv dove ha vissuto sotto l’occupazione russa fino al 29 aprile, quando l’esercito ucraino è entrato in città per liberarla e il giorno dopo lui è potuto scappare insieme a sua moglie Yulia. “Diciamo che ho rubato l’auto a un soldato russo che l’aveva rubata a me tre settimane prima”, poi due carri armati ucraini lo hanno coperto sui fianchi, ciascuno a circa mezzo metro dalle portiere: si sono mossi in retromarcia fino al confine sud del villaggio mentre sparavano con i cannoni.

 

“I soldati russi negli ultimi tempi erano ossessionati, citavano in continuazione la Cia con vari nomignoli dispregiativi, la cercavano e pensavano di trovarla ovunque”: il 20 aprile, dopo avergli puntato il fucile in faccia, il soldato russo lo ha indirizzato contro i ripetitori di rete internet in cima ai piloni e ha cominciato a sparare. In pochi minuti a Ruska Lozova c’erano decine di soldati russi che sparavano contro ogni cosa assomigliasse a un apparecchio elettronico: contro i ripetitori, contro le telecamere a circuito chiuso e anche contro i citofoni di ultima generazione con la videocamera integrata – convinti di avere di fronte un agente dell’intelligence americana che li guardava seduto dietro a un monitor da qualche parte dentro o fuori i confini ucraini.

 

Thomas L. Friedman ha scritto sul New York Times che parlare troppo spesso del supporto che l’intelligence americana sta dando alla resistenza ucraina è pericoloso. Il riferimento è alle due fughe di notizie che ci sono state questa settimana, la prima è lo scoop del New York Times sull’aiuto fornito per localizzare e uccidere dodici generali che si sono spinti fino alle prime linee in Ucraina quando c’era bisogno di risolvere i problemi dell’esercito di Mosca sul campo di battaglia. La seconda è un report di Nbc News poi approfondito in un’inchiesta ancora una volta del New York Times che riguarda l’affondamento della Moskva, l’ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero.

 

Friedman dice che chi ha parlato con la testata avrebbe fatto meglio a tacere e a tenersi i report nel cassetto, perché il potere di deterrenza nel rivelare un certo tipo di informazioni è comunque inferiore al rischio di un’escalation. Tre giorni fa il capo della Cia William Burns era a un evento del Financial Times a Washington, prima ha spiegato perché rendere pubbliche le informazioni raccolte dai servizi segreti nelle settimane che hanno preceduto l’invasione e poi nella prima fase della guerra era indispensabile: bisognava evitare che la propaganda di Putin attecchisse, se le operazioni false flag nelle Repubbliche autoproclamate del Donbas non fossero state rivelate in anticipo, una volta verificate molti avrebbero creduto che  a cominciare la guerra fosse stata l’Ucraina.

 

Burns ha poi commentato le fughe di notizie della scorsa settimana, che sono ricche di dettagli e rivendicazioni: “E’ irresponsabile. E’ molto rischioso, è sempre pericoloso quando le persone parlano troppo, sia che queste cose trapelino in delle discussioni private sia che si parli in pubblico di questioni di intelligence molto specifiche e delicate”. Friedman dice che – secondo quanto gli è stato riferito personalmente – Joe Biden ha chiamato sia Burns che il segretario alla Difesa Lloyd Austin “per chiarire nel linguaggio più chiaro e colorito” che diffondere certe informazioni sia stato un gesto “sconsiderato” e “che questo genere di episodi deve cessare immediatamente, prima di finire in una guerra con la Russia senza averne mai avuto l’intenzione”. 

 

I soldati russi a nord di Kharkiv sono particolarmente paranoici perché quello per loro è un territorio molto delicato. Ruska Lozova è a meno di trenta chilometri dalla regione di Belgorod, in Russia, dove ci sono state esplosioni misteriose, droni turchi partiti dall’Ucraina che a volte venivano intercettati e a volte no, e due elicotteri Mi-24 che sono entrati nello spazio aereo russo e hanno colpito un gigantesco deposito di carburante, poi sono tornati a casa indenni. E’ probabile che ci sia il supporto diretto o la consulenza di agenzie d’intelligence straniere anche dietro le operazioni oltre confine e in quella zona adesso è in corso una controffensiva che – secondo la Difesa ucraina – ha già liberato sei villaggi da Oleksandrivka a Shestakove. Per gli ucraini, costringere i russi a indietreggiare serve a impedire che colpiscano la città di Kharkiv (da quando è cominciata la controffensiva i bombardamenti sono un quinto) perché man mano che arretrano esce dal raggio della loro artiglieria. Il secondo obiettivo è avvicinarsi al confine russo (verso nord) e provare ad aggredire il corridoio che da Belgorod arriva a Izyum (verso est). Quel corridoio serve a far passare le armi e i rifornimenti per l’offensiva nel Donbas e, soprattutto, Izyum è indispensabile per raggiungere il primo successo rilevante a cui i russi puntano da quando è cominciata la fase due: accerchiare le città di Sloviansk e Kramatorsk, coprendo il fianco ovest scendendo da Izyum in linea verticale. La nuova brutta notizia – dal punto di vista dei russi –  è che i cannoni da 155 millimetri regalati dagli occidentali sono appena arrivati nella regione di Kharkiv e da due giorni sui siti d’intelligence open source li si può vedere in azione per la prima volta.

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