(foto di Wikimedia Commons)

l'intervista

Nella guerra dei droni Mosca è rimasta indietro

Francesco Dalmazio Casini

Una flotta piccola che nell'invasione dell'Ucraina è stata impiegata con successo poco più di una decina di occasioni, mentre Kyiv ha compiuto una sessantina di attacchi. Un analista del Centre for new American Security ci spiega perché

“La Russia è rimasta indietro nello sviluppo di droni armati rispetto ai leader globali del settore come Stati Uniti, Israele e Turchia”. E il conflitto in Ucraina ne è una dimostrazione tangibile. Lo spiega al Foglio Samuel Bendett, consulente del Russia Studies Program del Cna e Adjunct Senior Fellow presso il Centre for new American Security. Il risultato è che oggi i droni armati disponibili sono pochi, e Mosca sta ancora imparando come usarli.

 

I successi dei velivoli di fabbricazione turca Bayraktar TB-2 operati dalle forze di Kiev sono sotto gli occhi di tutti. Tanto da diventare il simbolo della resistenza degli ucraini, che gli hanno dedicato canzoni rap, meme, magliette. Oggi i russi pagherebbero addirittura 50 mila rubli bonus chi riesce ad abbatterne uno.

 

Degli omologhi russi, al contrario, si sente molto poco. È stato confermato l'utilizzo di droni da sorveglianza e droni suicidi tipo Kub, ma quelli per l'attacco al suolo sembrano aver svolto un ruolo marginale. Eppure in Ucraina Mosca sta utilizzando tutto il suo potenziale bellico, missili ipersonici compresi.

 

“Secondo il ministero della Difesa russo il drone Orion è migliore e più performante dei droni turchi TB-2”, spiega Bendett. Sulla carta le pretese russe sono incontestabili. I modelli Orion e Forpost possono restare in volo più a lungo e sono capaci di portare un carico bellico maggiore. Ma secondo gli analisti di Oryxblog, che verificano le perdite del conflitto con l’utilizzo delle osint, a fronte di 60 attacchi andati a segno da parte dei droni ucraini, gli Ucav (Unmanned combat aerial veichles) russi sono stati impiegati con successo in poco più di una decina di occasioni.

 

Perché? “Probabilmente ci sono poche missioni di questo tipo in corso”, spiega Bendett. Lo spazio aereo ucraino è ancora contestato e i sistemi antiaerei di Kyiv continuano a essere in funzione. Lo dimostra l’abbattimento di un drone russo Orion a inizio aprile, l’unico Ucav russo finora abbattuto nel conflitto.

 

C'è un motivo se ne sentiamo parlare così poco. “La Russia oggi schiera una flotta di droni da combattimento molto più piccola delle altre nazioni, parliamo di circa 20 droni Orion e una dozzina di droni Forpost nella versione da attacco” prosegue Bendett. Più o meno lo stesso numero di quelli nella disponibilità ucraina. Il ministero della Difesa russo ha iniziato a diffondere i video di attacchi andati a buon fine solo a marzo inoltrato, quando ha riportato la distruzione di una batteria antiaerea ucraina da parte di un drone Orion. Da lì le testimonianze rilanciate dai russi sono aumentate (pur restando sporadiche), come a voler rispondere a quelle diffuse dagli ucraini fin dai primi giorni dell’invasione. 

 

 

Non è un fatto di dottrina, Bendett specifica che “in realtà i droni armati nell’esercito russo svolgono lo stesso ruolo di quelli delle forze armate di altri paesi”. Fino all'invasione le occasioni di impiego erano state poche, circoscritte al conflitto in Siria. I russi però useranno la guerra per imparare: “In Siria si avevano pochi resoconti di missioni di combattimento, mentre erano molti quelli di missioni di sorveglianza e acquisizione”. Oggi invece Mosca sta utilizzando l’intero parco droni in Ucraina e questo aumenterà le sue capacità per il futuro.

 

Intanto gli strascichi del conflitto potrebbero scombinare i piani del Cremlino. Bendett racconta che prima della guerra “il governo russo voleva competere direttamente con gli Uav turchi nel mercato delle esportazioni”. Adesso che i due modelli si affrontano sul campo (e i Bayraktar turchi si stanno dimostrando più efficaci, almeno a livello di successi confermati) i potenziali compratori osservano attentamente. La Slovacchia già si dice interessata all’acquisto droni turchi. E poi ci sono le sanzioni: “Il loro impatto sulle industrie high-tech russe potrebbe modificare tali piani”. Le misure potrebbero colpire duramente la capacità produttiva delle industrie russe, costringendole a dirottare gli sforzi sul solo mercato nazionale. Le sanzioni potrebbero anche ritardare l’entrata in servizio dei modelli più avanzati come l’Okhotnik S-70 e l’Altius, grazie ai quali il ministero della Difesa russo prometteva colmare il gap con i competitor più agguerriti.

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