L'intervista

Così la gauche radicale vive l'appello della Le Pen al voto di protesta

Mauro Zanon

In una conversazione con il Foglio Jean-Yves Camus, uno dei massimi politologi francesi, analizza il voto di domenica, e le strategie dei due finalisti: Emmanuel Macron e Marine Le Pen

Parigi. Jean-Yves Camus è uno dei massimi politologi francesi. Dal 2014, dirige l’Observatoire des radicalités politiques presso la Fondation Jean-Jaurès e nel 2015, assieme a Nicolas Lebourg, ha pubblicato un libro capitale per capire l’evoluzione delle destre estreme nel continente europeo, “Les droites extrêmes en Europe” (Seuil). In una conversazione con il Foglio, Camus analizza il voto di domenica, primo turno delle elezioni presidenziali francesi, e le strategie dei due finalisti, Emmanuel Macron e Marine Le Pen, in vista del ballottaggio. “Ciò che colpisce, sicuramente, è il crollo delle due famiglie politiche tradizionali della Quinta Repubblica, la socialdemocrazia e la destra conservatrice moderata incarnate  dal Partito socialista e dai Républicains  – dice Camus – E’ un caso unico in Europa e non è una buona notizia per la democrazia”. Secondo il politologo francese, tuttavia, bisognerà attendere le legislative per sapere se socialisti e gollisti “entreranno in uno stato di morte cerebrale”, perché “hanno ancora molti eletti a livello locale e nazionale, consiglieri, parlamentari, senatori e ovviamente militanti”. Di certo, sottolinea Camus, necessitano entrambi di un lavoro di rifondazione, anche se in condizioni diverse. “A sinistra, la questione della rifondazione è più complessa perché esistono tre famiglie politiche che non hanno lo stesso ‘software’: c’è la gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon, ci sono i verdi e infine i socialdemocratici. Su temi centrali come la politica estera, la laicità, il comunitarismo, l’ambiente e il nucleare non sono sulla stessa linea, dunque sarà più difficile trovare la quadra”, spiega Camus. “Nella destra gollista, invece, la rifondazione è una questione tutta interna ai Républicains. Certo, bisognerà trovare una sintesi tra la linea conservatrice moderata e quella nazional-identitaria, ma l’operazione potrebbe essere più semplice rispetto a quella che attende la sinistra”. 


In vista del secondo turno del 24 aprile, la strategia dell’attuale inquilino dell’Eliseo è quella di “allargare al massimo il fronte repubblicano”, un’operazione già iniziata nel 2017. “Basta osservare l’origine politica di alcuni membri del governo, che vengono dai Républicains, a partire dal ministro dell’Economia, Bruno Le Maire”, afferma Camus, secondo cui “la ragione per cui Pécresse è scesa al di sotto del 5 per cento è legata al riflesso ‘voto utile’ degli elettori liberal-conservatori che si sono detti: non ha senso sprecare il nostro voto, diamolo a Macron. Gli stessi lo rivoteranno con tutta probabilità il 24 aprile”. A convincerli, in caso di dubbi, potrebbe essere l’ex capo dello stato, Nicolas Sarkozy, che ieri ha fatto il suo endorsement a favore di Macron, perché “ha l’esperienza necessaria dinanzi a una grave crisi internazionale più complessa che mai, perché il suo progetto economico mette al centro di tutte le priorità la valorizzazione del lavoro e perché il suo impegno europeo è chiaro e senza ambiguità”. “Nessuno si immaginava che Sarkozy votasse per Le Pen, ma avrebbe potuto essere molto più ambiguo. La sua parola ha ancora un peso per i militanti di Lr”, assicura Camus. Macron “giocherà anche la carta della paura dell’ignoto”, secondo il politologo, “mostrando tutti i mali che opprimerebbero la Francia in caso di elezione della candidata sovranista”. Quest’ultima, dal canto suo, “punterà tutto sull’antimacronismo, mobiliterà i francesi per un voto di protesta contro Macron”. 


L’entità della rabbia antimacronista avrà incontestabilmente un ruolo importante nell’esito del ballottaggio, ma lo avranno anche l’astensionismo e l’orientamento degli elettori di Mélenchon. “Ci sarà ancora il sussulto repubblicano, ossia la paura di vedere il Rassemblement national al potere, fatto che spingerà le persone che non sono andate a votare al primo turno a mobilitarsi per Macron, o al contrario, soprattutto nella sinistra radicale, ci saranno elettori che pensano che Macron e Le Pen siano le due facce della stessa medaglia e si asterranno? La situazione è fragile, ma sicuramente gli elettori mélenchonisti che daranno la propria preferenza a Le Pen lo faranno non per convinzione, ma per ostilità nei confronti di Macron. Le Pen ha accusato Mélenchon di ‘tradimento’ per aver detto ai suoi elettori di non darle alcun voto, ma i militanti Insoumis sanno bene che la leader Rn non ha un programma di sinistra”.