Vladimir Putin (LaPresse)

La cyberguerra c'è già, e ai russi non sta andando affatto male   

Pietro Minto

In queste settimane molti analisti hanno notato come la guerra in Ucraina non si sia combattuta, almeno finora, sul fronte delle telecomunicazioni. A un mese e mezzo dall’inizio del conflitto  nuove analisi di alcuni membri Nato sembrano smontare questa timida forma di ottimismo 

In queste settimane molti analisti hanno notato come la guerra in Ucraina non si sia combattuta – almeno finora – sul fronte delle telecomunicazioni. La tanto temuta cyberguerra non si sarebbe verificata: i danni sono stati fatti con le bombe, colpendo antenne e ripetitori, non con mezzi più sofisticati e impalpabili. A un mese e mezzo dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, nuove analisi sembrano smontare questa timida forma di ottimismo, mettendo in prospettiva la strategia cyber della Russia, arrivando alla conclusione che la cyberguerra in realtà c’è stata, e la Russia l’ha vinta. Lo sostengono due analisti della Nato, David Cattler e Daniel Black, in un articolo per la rivista  Foreign Affairs, in cui sottolineano come sia spesso la natura stessa della cyberguerra – un campo nuovo, poco studiato e molto equivocato – a distorcere le percezioni. “Tutte le prove a nostra disposizione”, scrivono Cattler e Black, “indicano che la Russia ha impiegato una campagna cyber intesa a fornire le sue truppe di un vantaggio nella guerra in Ucraina”.

 

Il giorno dell’invasione, il movimento delle truppe su terra è stato accompagnato da un utilizzo di malware e altre forme di attacchi informatici che i due analisti definiscono “senza precedenti”. Secondo un’analisi di Microsoft e di due aziende di cybersicurezza, Symantec ed Eset, gli attacchi hanno colpito enti governativi, istituzioni militari, servizi d’emergenza per i civili e aziende del settore, tra gli altri. L’entità dei danni subito dagli ucraini su questo campo sarebbe stata in parte messa in ombra dall’orrore dei bombardamenti.

La storia dei cyberattacchi russi in Ucraina non è iniziata il 24 febbraio scorso, giorno dell’invasione, ma ha radici che risalgono al 2014, con l’invasione russa della Crimea e parti del Donbass, regione su cui si stanno concentrando i combattimenti in questi giorni. Il 23 dicembre 2014, il gruppo di hacker governativi russi chiamato “Sandworm” colpì la rete elettrica ucraina lasciando circa 230 mila persone al buio per qualche ora. Da allora  l’Ucraina ha imparato a reagire a questi attacchi, costruendo una rete più resistente, ma non ha comunque potuto nulla contro l’attacco subito dal satellite di Ka-Sat, provider di internet molto diffuso nel paese, essenziale per le trasmissioni di polizia, esercito e intelligence ucraino. Un obiettivo molto sensibile subito colpito dai russi, causando quella che Victor Zhora, che si occupa di trasformazione digitale per il governo ucraino, ha definito “una perdita comunicativa davvero enorme agli inizi della guerra”.

 

Un altro fronte telematico è quello della disinformazione. In queste settimane si è parlato delle influenze della propaganda russa su alcune testate e commentatori italiani, ma un recente studio si è soffermato sulle campagne social pro Putin. Casm Technology è una società che si occupa di studiare come la disinformazione e la propaganda viaggiano online, precisamente sui social network. Il suo ultimo report si occupa di due hashtag pro russi (#IStandWithPutin e #IStandWithRussia), diventato virale lo scorso 2 marzo. Secondo quanto raccontato dall’analista Carl Miller sull’Atlantic, la loro diffusione è stata veloce e piuttosto distribuita in tutto il mondo, non solo grazie a bot e account manovrati a dovere. “L’interazione tra attività organica e non autentica è la sottigliezza più importante di tutta la ricerca”, scrive Miller, perché dimostra quanto la Russia stia giocando sul piano globale. E con ottimi risultati in termini di immagine, nonostante tutto.
 

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