il racconto dalla capitale

Putin assapora l'assedio largo a Kyiv, la forza bruta guadagna terreno

Daniele Raineri

Ecco il piano del presidente russo per tracciare un semicerchio attorno alla capitale ucraina, senza guerriglia urbana

Kyiv, dal nostro inviato. Le prime quasi due settimane della guerra sono state il periodo della sorpresa – in negativo per gli invasori russi e in positivo per gli ucraini che resistono – dell’ottimismo e della solidarietà internazionale. Ma passato questo primo momento il peso dei numeri, la superiorità dei mezzi e la potenza di fuoco dell’esercito russo cominceranno a macinare risultati, come stanno già facendo, e porteranno in vantaggio gli aggressori contro i difensori ucraini in un numero crescente di regioni – oltre al sud del paese, dove questo corso delle cose si vede già. L’indignazione contro il presidente russo Vladimir Putin non è un elemento sufficiente a battere la forza bruta (si parla adesso di guerra convenzionale, non di guerriglia partigiana – che potrebbe durare per anni e convincere la Russia a mollare la presa). Presto la rimonta militare russa potrebbe arrivare anche nel nord, sul campo di battaglia più importante, che è quello attorno alla capitale Kyiv. A nord di Kyiv, dove i carri armati russi aspettano un ordine per avanzare sulla capitale, la situazione è questa. Il fronte è arrivato fino a un viadotto stradale a quattro corsie che passa sopra un fiume, dopo un piccolo centro abitato che si chiama Irpin. Il viadotto è troncato a tre quarti della sua lunghezza da un’esplosione e i civili hanno lasciato le macchine ormai inutili per scappare sopra e adesso attraversano il ponte su poche assi di legno – grazie al cielo le acque sono basse. 

 

Qualcuno prova a portare biciclette e culle, altri li abbandonano sotto il viadotto. Un civile ha attraversato con un monopattino, ha risalito la riva, lo ha postato sulla strada di asfalto ed è andato via con quello. Un altro lo ha fatto con cinque gatti in gabbia. Ucraini e russi si scambiano colpi di artiglieria e di mortaio da una sponda all’altra, ma quasi mai vicino al viadotto perché c’è la fila di civili (lunedì un proiettile di mortaio russo è caduto alla fine del ponte: tre morti). I russi sono nascosti sull’altra riva. I loro cecchini si sono appostati su una lunga fila di palazzoni che affaccia sul fiume, i loro carri armati sono fermi fra gli alberi. Se il ponte non fosse spezzato, potrebbero proseguire verso Kyiv – la centralissima Maidan è soltanto a ventuno chilometri. Per ora si sono attestati lì. Più a est c’è un altro centro abitato, Horonka, che ieri era coperto da un leggero velo di neve. Per oggi è prevista una corrente artica che abbasserà la temperatura fino a meno quindici gradi sotto zero e avvantaggia i carri armati russi, che prediligono il terreno duro e gelato. A Horonka un gruppo di civili armati a un posto di blocco ha fermato la macchina del Foglio, “non si può proseguire!”, hanno intimato ed è sempre un cattivo segno. Sta per cadere. A sud-ovest di Irpin c’è Makariv, dove due giorni fa un colpo di artiglieria ha centrato un sito industriale per la produzione di pane e ha ucciso tredici civili. Anche a Makariv non si può andare più ed è un altro brutto segno perché appena sotto passa la strada E40 che corre verso ovest e da giorni è bloccata. Se i russi proseguono oltre Makariv arriveranno a tiro anche della strada E95 e della ferrovia, che al momento sono le uniche strade che portano fuori dalla città sul lato ovest – che è quello che guarda verso la Polonia, l’Europa e la salvezza. 

 

Se prendessero anche la E95 e la ferrovia, a quel punto i soldati russi avrebbero tracciato un semicerchio attorno alla metà ovest di Kyiv, che contiene i palazzi del governo ucraino e il centro. Poi c’è da considerare il fiume Dnepr che taglia in due la città. Se i russi colpissero i ponti stradali – sempre in teoria – il pezzo importante della capitale resterebbe isolato tra i carri armati da una parte e il grande fiume dall’altra. A questo punto il presidente russo Vladimir Putin avrebbe cinto con un assedio molto largo Kyiv senza perdere uomini e mezzi in una battaglia urbana e potrebbe presentarsi ai negoziati (che sono già in corso) per dire: ho in ostaggio almeno metà della capitale, che cosa vogliamo fare? Per adesso i furgoni dei volontari attraversano la linea di contatto fra ucraini e russi che passa sul ponte di Irpin, a nord di Kyiv. Passano sotto gli occhi invisibili dei carristi e dei cecchini e corrono fino al centro abitato per raccogliere i civili rimasti indietro. Un guidatore piazza una bandiera bianca sul portellone scorrevole, guida per un paio di chilometri. Carica una coppia con un bambino in culla, lui si è messo una pettorina verde da soccorso stradale per identificarsi come non combattente. Poi raccoglie un’anziana che zoppica e i suoi due accompagnatori. Poi un’altra coppia con bambino in culla (anziani e coppie con bambini piccoli sono gli ultimi a tentare il passaggio del fiume). Il furgone è pieno. Si corre indietro, verso il ponte troncato e le assi di legno in direzione di Kyiv. Di fatto, si esce da un assedio presente e si rischia di finire in un altro assedio, soltanto più ampio.
 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)