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editoriali

L'Onu si censura: vietato dire "guerra" o "invasione" in Ucraina

Redazione

In nome della scomoda compostezza richiesta a chi è costretto a tenere un piede in due staffe, i funzionari delle Nazioni Unite dovranno usare i più morbidi termini di “confitto” o “offensiva militare”

Chissà come l’avrà presa Maurizio Landini, dopo aver letto della mossa sbilenca compiuta dall’Onu. “Non può semplicemente stare a guardare, è ora che scenda in campo”, era stato l’appello accorato rivolto la settimana scorsa dal segretario della Cgil all’organizzazione internazionale. L’Onu in effetti ha deciso di non stare più  guardare e lunedì ha diramato delle linee guida per i suoi dipendenti affinché si attenessero al giusto canone lessicale per riferirsi alla guerra in Ucraina. Attenzione – chiarisce una mail inviata dal dipartimento della comunicazione del Palazzo di Vetro ai suoi dipendenti e pubblicata ieri dall’Irish Times – perché i funzionari non potranno più dire che la guerra in Ucraina è una “guerra”, men che meno che si tratti di una “invasione”. Piuttosto, in nome della scomoda compostezza richiesta a chi è costretto a tenere un piede in due staffe, dovranno usare i più morbidi termini di “confitto” o, al limite, di “offensiva militare”.

Ma la controffensiva onusiana alla Pravda non trascura nemmeno l’uso dei social da parte dei suoi funzionari. In un altro paragrafo della mail si intima a non pubblicare sui propri account la bandiera dell’Ucraina. Ogni segno di manifesta solidarietà  è bandito in nome “della responsabilità a essere imparziali” di cui è investito l’Onu. Tanto imparziale da rasentare la schizofrenia, visto che in uno slancio di equidistanza si prescrive il divieto di scrivere “Kiev” alla russa e si impone invece “Kyiv”, seguendo la traslitterazione ucraina. Un portavoce ha minimizzato, spiegando  che “non si tratta della politica comunicativa ufficiale”. Ma l’“equidistanza” dell’Onu, nel cui Consiglio di sicurezza siede la Russia che, per inciso, è un invasore di un paese indipendente, è insostenibile. Se davvero non si ha il coraggio di approvare la risoluzione che rimuove il diritto di veto russo in seno al Consiglio di sicurezza, dopo il coraggioso voto di condanna dell’Assemblea generale della settimana scorsa sarebbe almeno opportuno dire chiaro e tondo che quella di Putin è una guerra di invasione. Dissimulare la paura con parole acerbe potrebbe essere pericoloso: sarebbe il segno di una prima resa di fronte alla prevaricazione di Putin.

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