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I politici in Libia fanno i furbi con le regole, rischio guerra civile

Daniele Raineri

Draghi perde la presa, ora ci sono due premier rivali a Tripoli e si rischiano scontri

C’è stata una fase nella quale era sembrato che il premier italiano Mario Draghi potesse ottenere risultati importanti in Libia, ma a giudicare da quello che succede in questi giorni quella fase è finita. La capitale Tripoli è paralizzata dalla presenza allo stesso tempo di due premier  rivali che in queste ore sostengono entrambi di essere il vero leader del paese e tentano di attirare dalla propria parte il maggior numero possibile di milizie armate. C’è il rischio che la situazione degeneri in scontri. Draghi lavorava in ottima sintonia con il premier Abdelhamid Dabaiba, che gode dell’appoggio delle Nazioni Unite. I due hanno cominciato quasi assieme i loro mandati l’anno scorso – Draghi a febbraio, l’altro a marzo – avevano buone relazioni personali e sembravano aver archiviato assieme il periodo precedente, quello della guerra civile, durante il quale l’Italia non era riuscita a ottenere nulla.

 

Il primo viaggio di Draghi all’estero fu proprio a Tripoli, per sottolineare quanto considera importante il dossier libico. A novembre, Draghi dichiarò di credere nelle elezioni politiche libiche del 24 dicembre, che avrebbero dovuto mettere un po’ d’ordine nella vita dei libici e determinare chi governa davvero il paese. Assieme a lui c’era anche il presidente francese Emmanuel Macron, che in quel periodo aveva accantonato la rivalità spesso presente tra Italia e Francia quando si parla di Libia. Era una dimostrazione di fiducia enorme nei confronti del processo di riconciliazione nazionale tra i libici e doveva funzionare come un incoraggiamento di altissimo profilo. Le elezioni dovevano essere tenute secondo il calendario fissato, il mondo stava guardando. Le elezioni però non si fecero (sono state rimandate a chissà quando) e da quel momento Dabaiba ha cominciato a perdere credibilità fra i libici.

 

E quando perdi credibilità, subito qualcuno si fa avanti per approfittare del caso completo e reclamare la tua posizione. Non ci sono regole che spiegano davvero come dovrebbe andare avanti la Libia adesso perché tutto si basava sulle elezioni – che però sono saltate. E così se per un anno avevamo avuto una qualche presa su quello che succedeva a Tripoli adesso la stiamo perdendo di nuovo. Giovedì il Parlamento di Tobruk, l’unico organo che per convenzione viene considerato rappresentativo dei libici, ha votato per acclamazione Fathi Bashagha come nuovo premier ad interim al posto di Dabaiba. Bashagha è un ex ministro dell’Interno, viene dalla città-stato di Misurata ed  è vicino alla Fratellanza musulmana e alla Turchia. Non c’è una certificazione ufficiale del voto (tenuto ad alzata di mano) e le Nazioni Unite non lo hanno ancora riconosciuto, ma intanto l’acclamato è volato a Tripoli e all’aeroporto è stato accolto dalle milizie di Zawiya, una città sulla costa al centro di traffici, e da alcune milizie di Misurata. Inoltre l’aeroporto è sotto il controllo della Rada, una milizia salafita tra le più potenti nella capitale, che non ha reagito e quindi per ora è come se avesse dato il suo consenso. Dopo una conferenza stampa all’aeroporto, Bashagha ha fatto un giro dimostrativo con un convoglio di automobili per le strade della capitale. L’intento era quello di dimostrare che può girare in sicurezza per Tripoli e quindi provare con i fatti il suo avvenuto insediamento: se ha i segni del potere vuol dire che ha anche il potere.

 

Il giro del premier ad interim numero due nelle strade era anche una frecciata contro Dabaiba, premier ad interim numero uno, perché qualcuno gli ha sparato contro mentre era in macchina nella notte tra mercoledì e giovedì. Ma la storia dell’agguato contro Dabaiba potrebbe essere più complicata: forse è stata una messinscena. Il premier ad interim numero uno rifiuta di dimettersi perché dice che secondo le regole lui deve lasciare il posto a un successore soltanto dopo le elezioni, che però non si sa quando saranno organizzate. Il risultato è che a Tripoli oggi ci sono due premier ad interim ed entrambi si sentono il vero premier del paese. Bashagha ha detto che fra due settimane ci sarà la votazione del Parlamento di Tobruk per dare la fiducia al suo governo e ha incassato l’appoggio di Khalifa Haftar, il generale di Bengasi che aspira a diventare il nuovo uomo forte del paese e il riconoscimento ufficiale da parte dell’Egitto. Haftar e l’Egitto fanno parte di quella cordata che durante la guerra civile era schierata contro Tripoli, mentre l’Italia era schierata a favore. In breve: le cose vanno di nuovo in direzione contraria a come vorrebbe l’Italia. Bashagha ha detto che fra due settimane ci sarà il voto del Parlamento di Tobruk per dare la fiducia al suo governo. Se Dabaiba non si dimette, ci potrebbero essere due fazioni che si considerano al potere nello stesso momento. E’ un problema molto pratico: il governo considerato reale controllerà la Banca centrale, gli asset all’estero e i profitti di gas e petrolio.
 

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)