Il confine dell'Europa

Il Regno Unito non è la Libia. Si può gestire la frontiera di Calais in modo più efficiente

Paola Peduzzi

Le pressioni su Londra. “Di fatto non esiste una via legale per entrare in Inghilterra”, scrive il Monde

Con la Brexit, Calais e il nord europeo sono diventati una frontiera esterna dell’Ue e alla Francia, in particolare, ne spetta il controllo. Non siamo abituati a immaginarlo così, il canale della Manica, ed è il motivo per cui la tragedia di mercoledì, 27 corpi senza vita in quelle acque fredde, uomini, donne e tre ragazzi, è stata interpretata come l’ennesima faida tra Francia e Regno Unito, gli ex più litigiosi del post Brexit. Invece è una questione soprattutto europea, e dovrebbe essere più gestibile rispetto ad altre, agli altri confini, a sud con la Libia per dire, o a est con la Bielorussia. Invece nel 2021 circa 26 mila persone hanno attraversato la Manica, più di tre volte il numero del 2020 e dieci volte quello del 2019. Soltanto questo mese 179 imbarcazioni sono arrivate dalla Francia al Regno Unito, record dell’anno, e considerate queste cifre è più comprensibile perché il naufragio di mercoledì è il più grave da quando si è iniziato a monitorare questo tratto di mare, sette anni fa. Emmanuel Macron, presidente francese, dice che la Manica non può diventare “un cimitero”, ma è difficile contestare il fatto che la Francia non stia facendo molto per evitare che i migranti partano.

   

Senza arrivare ai toni dei tabloid britannici, che urlano “vergogna” ai francesi e raccontano ogni genere di connivenza tra le autorità sul confine francese e i trafficanti di uomini e donne che lanciano improbabili barchini verso il sud inglese, il premier Boris Johnson ha ricordato che le operazioni di controllo della costa francese sono sostenute da 54 milioni di sterline dei contribuenti britannici (circa 63 milioni di euro). Johnson dice anche che le misure di evacuazione spesso brutali dei campi profughi improvvisati a Calais sono uno stimolo continuo a tentare la sorte, già avversa, per attraversare la Manica. Parigi ha convocato una riunione, ha chiamato l’agenzia Frontex, ha detto di voler prendere ogni misura possibile per fermare i trafficanti. Chiede l’aiuto e il sostegno dell’Europa, e ricorda che con la Brexit le procedure di ricongiungimento si sono rallentate e che questo ha aumentato ulteriormente i flussi illegali. 

   

Gli inglesi non amano sentirsi dire che la Brexit ha peggiorato molte cose e ripetono che è responsabilità della Francia e dell’Ue governare quella frontiera. Ma è vero che dal divorzio in poi, e i numeri di quest’anno lo confermano, una strategia di ingresso nel Regno Unito non c’è, ed è per questo che resta solo la strada della disperazione (per di più che c’è bisogno di manodopera nel Regno, c’è un’attrattività economica che prima non c’era). Priti Patel, ministro dell’Interno inglese, è andata a riferire ai Comuni ieri, e in generale i toni della discussione sono stati molto meno anti francesi rispetto al solito. Si è parlato di collaborazione, di coordinamento, di un’azione condivisa e quindi più efficace. Ma le ragioni per cui la Patel era sotto pressione (non da oggi, ma oggi di più) sono state sintetizzate con lucida ferocia dal Monde: “Di fatto non esiste una via legale per entrare nel Regno Unito”. Stephen Bush, giornalista del New Statesman, ha ricordato che il governo inglese non ha predisposto delle possibilità di ingresso nemmeno per i richiedenti asilo, non lasciando altra alternativa se non quella rischiosa della Manica. Tra i morti di mercoledì, ci sono iracheni, curdi e iraniani, ma nella stessa giornata di mercoledì sono riusciti a passare dalla Francia all’Inghilterra 600 persone.

   

Emma Yeomans del Times è andata a Dungeness, nel Kent, e scrive: “Tra i richiedenti asilo, un misto di iracheni, curdi e afghani, ci sono i bambini. Tra di loro c’è un soldato afghano che ha lavorato per le forze britanniche: la sua famiglia ha deciso di rischiare la vita dopo aver aspettato a lungo un aiuto dal Regno Unito”. Hanno tutti i documenti per entrare, ma non c’è una politica di ingresso definita dall’attuale governo e così, pur non essendo illegali, si è costretti a diventarlo. L’Ue chiede di definire  regole e metodi d’ingresso assieme al Regno Unito e questa potrebbe essere tra le priorità della Francia che prende la presidenza di turno dell’Ue a inizio gennaio. Danny Shaw, a lungo esperto di immigrazione della Bbc, fa un vademecum: più corridoi d’ingresso nel Regno, un’unità di intelligence franco-inglese nella Francia del nord, la richiesta di asilo già compilata in Francia, meno litigi inutili. Per una volta che l’interlocutore alla frontiera esterna non è una dittatura o un paese in guerra, che si veda la differenza.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi