dopo il voto

L'Ue non sa quello che vuole davvero in Venezuela

Alberto de Filippis

Dialogo con il capo degli osservatori europei sul rapporto “duro e vero” sulle elezioni a Caracas 

L’Unione europea ha inviato una missione di osservatori a Caracas in occasione delle elezioni di domenica scorsa per eleggere i governatori delle varie regioni nel paese sudamericano. Il risultato del voto  è stato una valanga di voti per il chavismo, ma pochi ritengono che queste consultazioni siano state democratiche. Il rapporto scritto su questa missione diplomatica si conoscerà tra fine gennaio e inizio febbraio. Sono tutti zitti, i membri della missione, ma qualcosa poi è trapelato. La direttrice della missione, l’eurodeputata portoghese Isabel Santos, pressata dai giornalisti in conferenza stampa, ha detto di aver “constatato gravi carenze di indipendenza della magistratura e il mancato rispetto dello stato di diritto”. Come a confermare quello che sanno tutti: queste elezioni sono state una farsa, come ogni altra consultazione organizzata dal chavismo negli ultimi vent’anni. 

 

Jordi Cañas Pérez, capo della eurodelegazione, ha raccontato al Foglio le sue giornate in Venezuela: “E’ stata un’esperienza che ci ha molto cambiato. Credo che in questi giorni si sia fatta la storia. E’ ovvio che il Venezuela non è un paese dove vengano rispettate le regole democratiche secondo i nostri parametri europei. Alcuni candidati sono stati inabilitati a due giorni dal voto sulla base di semplici denunce amministrative. Il nostro lavoro è però diplomatico. Pensiamo alla gente del Venezuela prima di tutto. Magari il nostro lavoro non otterrà i titoli dei giornali, ma stiamo facendo uno sforzo sottotraccia per riportare attorno a un tavolo quegli attori che possono riportare questo paese fuori dalla crisi. Ci sono stati miglioramenti rispetto ad altre elezioni. Anche il Consiglio nazionale elettorale (l’autorità che controlla la legittimità delle elezioni in Venezuela ndr.) ha recepito alcune delle nostre richieste”. Alla domanda se l’Europa, davanti a Stati Uniti, Cina o Russia non si dimostri ancora un un gigante dai piedi d’argilla, Cañas risponde: “La colpa è nostra perché non siamo stati capaci di rinforzare la nostra politica estera, non sappiamo nemmeno noi che cosa vogliamo. Però, almeno in Venezuela, l’Unione europea dispone del rispetto dei cittadini. Questo vuol dire che siamo considerati un attore credibile nel processo di dialogo in questo paese”. 

 

Come sempre accade però, la risposta più vera Cañas la offre a microfono spento: “Nessuno pensava che queste elezioni fossero la soluzione, ma erano importanti per preparare il futuro. Abbiamo avuto giornate lunghissime. Abbiamo parlato con tanta gente e tutti pensano che il dialogo sia l’unica via, anche per i chavisti. Se uno dei due campi verrà messo all’angolo, cercherà di difendersi a tutti i costi e il Venezuela da questo incubo non si sveglierà mai. Il nostro rapporto è durissimo. Non pregiudiziale, ma duro, vero e metterà il governo di fronte alle sue responsabilità”. Gli eurodeputati sono convinti che servirà. Milioni di venezuelani, soprattutto della diaspora, qualche dubbio ce l’hanno.