Biden si fida di Putin sui cyberattacchi? Questo arresto dice che sbaglia

Micol Flammini

Ilya Sachkov è il giovane capo della società di sicurezza informatica russa Group-IB, molto impegnata nella caccia agli hacker sia in Russia sia in  altri paesi. Nel 2019 è stato premiato dal Cremlino oggi è accusato di alto tradimento 

Roma. Ilya Sachkov è il giovane capo della società di sicurezza informatica russa Group-IB, molto impegnata nella caccia agli hacker sia in Russia sia in  altri paesi. Sul sito dell’azienda c’è scritto che lavora sia con l’Interpol sia con l’Europol e fino a poco tempo fa era considerato una risorsa anche per il governo russo che nel 2019 gli aveva pure consegnato un’onorificenza. In due anni però le cose sono cambiate, non è ancora chiaro cosa, dalle autorità non sono arrivati dei chiarimenti, ma martedì Sachkov è stato arrestato con l’accusa di alto tradimento. Group-IB non è ancora nota come la sua rivale Kaspersky Lab, è una società fondata nel 2003 che negli ultimi dieci anni è cresciuta molto e ormai ha sedi a Singapore, Londra, New York e Dubai, ma  l’arresto ha avuto una grande rilevanza non soltanto per la Russia e rischia di essere un segnale importante per gli Stati Uniti. 

A giugno, quando il presidente americano, Joe Biden, e il suo omologo russo, Vladimir Putin, si sono incontrati a Ginevra hanno parlato di molti argomenti. Biden aveva molte richieste da fare a Putin – allo stesso Putin che qualche mese prima aveva definito un killer durante un’intervista – molte accuse da muovergli e linee rosse da tracciare. L’incontro finì senza  una conferenza stampa congiunta, come annunciato in precedenza, ma con qualche risultato. Il presidente russo aveva accettato di collaborare con gli Stati Uniti sulla sicurezza informatica. I due si sono sentiti per telefono qualche settimana  dopo e il capo della Casa Bianca aveva chiesto a Putin di agire contro gli attacchi ransomware – attacchi informatici che  comportano l’irruzione nelle reti  per crittografare i suoi dati, chiedendo poi un riscatto – effettuati dalla Russia contro gli Stati Uniti, che altrimenti avrebbero adottato delle misure per difendersi.  Biden aveva detto di essere  ottimista dopo la conversazione e i primi sforzi sulla collaborazione sembravano venire fuori. In effetti, pochi giorno dopo la telefonata, uno dei gruppi hacker russi più aggressivi, REvil, Ransomware Evil, è scomparso: ha cancellato la sua presenza online e quindi interrotto le sue attività. Era responsabile di  attacchi contro la più grande azienda di lavorazione della carne, la Jbs, contro il sistema di oleodotti Colonial Pipeline, per citare i più grandi. Non si ha la certezza che sia stato chiuso per volontà di presidente russo, ma la coincidenza aveva fatto ben sperare. 

Nel suo discorso del 2019, quando fu premiato al Cremlino, Sachkov disse: “Abbiamo iniziato con indagini su crimini ad alta tecnologia, collaborando con l’Fsb e il ministero dell’Interno. E poi abbiamo iniziato a realizzare prodotti che utilizzano l’apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale per prevenire gli attacchi in una fase iniziale”, sottolineando una sua collaborazione con il Cremlino. Dal 2019 a oggi la sua società è cresciuta, ha aumentato i rapporti con i paesi stranieri e il suo arresto, preceduto dalla perquisizioni degli uffici della società, a molti esperti è sembrato un brutto segnale per le promesse di collaborazione con gli Stati Uniti. 

L’esperto di servizi di sicurezza russi, Andrei Soldatov, ha rilasciato un’intervista a Rfe/Rl e ha spiegato che “tutto questo ottimismo sul fatto che la cooperazione con i russi sia effettivamente possibile, sembra essere completamente fuori luogo”. La Group-IB collabora con molti paesi occidentali e  l’arresto del suo capo sembra mettere  in dubbio le parole del presidente russo che Biden ha percepito, forse con troppa fretta, come delle rassicurazioni. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.