Già mi manchi

Biden cerca basi per colpire in Afghanistan (a un mese dal ritiro)

Daniele Raineri

L’Amministrazione americana pensa a un accordo difficile con il russo Putin (ma a marzo non era “un killer”?)

Secondo il Wall Street Journal, il capo di stato maggiore americano Mark Milley e il suo omologo russo, il generale Valery Gerasimov, hanno discusso la possibilità di usare le basi militari russe in Asia centrale per lanciare operazioni antiterrorismo in Afghanistan quando i due si sono incontrati a Helsinki in Finlandia mercoledì 22 settembre. A meno di un mese dall’evacuazione delle basi militari in Afghanistan, l’Amministrazione Biden cerca nuove basi per compiere operazioni militari in Afghanistan. Il perché di questo balletto penoso è semplice. Martedì, durante un’audizione in Senato, il generale Milley ha detto che “i talebani sono un gruppo terroristico e non hanno mai rotto le relazioni con al Qaida” e anche che “un gruppo di al Qaida o dello Stato islamico ricostituito e con l’ambizione di attaccare gli Stati Uniti è una possibilità molto reale (in Afghanistan) e si potrebbe presentare nei prossimi dodici-trentasei mesi”.

     

La dichiarazione di Milley rafforza un’altra dichiarazione arrivata il 14 settembre dal direttore dell’intelligence della Difesa, Scott D. Berrier, che ha parlato della possibilità da parte di al Qaida di riorganizzarsi in Afghanistan nel giro dei prossimi dodici-ventiquattro mesi. E’ possibile per gli americani agire da fuori, senza infilarsi di nuovo in territorio afghano? Martedì in Senato dopo il generale Milley ha parlato il generale Kenneth McKenzie, capo del Centcom – il settore del Pentagono che si occupa delle operazioni dall’Egitto all’Afghanistan – e ha detto che le nuove campagne antiterrorismo cosiddette “over the horizon” “non saranno facili, saranno possibili”. Si chiamano “over the horizon” perché i droni e gli aerei partono da basi molto lontane, “da oltre l’orizzonte”, e non più da basi afghane.

 

Per ricapitolare: l’Amministrazione Biden ha abbandonato l’Afghanistan ma avverte che c’è la necessità di essere pronti a lanciare raid antiterrorismo nel prossimo futuro e la soluzione attuale, decollare dal Golfo e far volare i droni per tremila chilometri andata e ritorno, è fattibile ma non è pratica. Per questo cerca basi militari nei paesi che confinano con l’Afghanistan, come l’Uzbekistan e il Tagikistan, che però negli anni passati hanno già detto di no. L’Uzbekistan ha persino fatto una legge che vieta le basi militari straniere. E quindi adesso gli americani parlano con i russi. E dire che il presidente russo Vladimir Putin a giugno, durante il summit con Biden a Ginevra, aveva già respinto questa possibilità e ad agosto la Russia aveva detto di nuovo che un accordo di questo tipo non era fattibile. Ma se ne parla di nuovo, segno che qualche negoziato è in corso – del resto Putin è molto bravo a sfruttare le crisi e le debolezze altrui. Il governo americano in teoria non può fare accordi militari con la Russia a causa di una legge approvata dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2014, a meno che non ci sia un permesso speciale da parte del segretario alla Difesa. Ma anche se il permesso arrivasse, ci sarebbe poi questo problema: l’America sarebbe in debito con la Russia. L’Amministrazione Biden voleva fare una grande pulizia pubblica dopo gli anni della collusione fra Donald Trump e Putin – Secondo lei Putin è un killer? “Sì”, rispose Biden in un’intervista tv a marzo – e riconquistare una posizione di chiarezza morale. Invece nel giro di nove mesi sta esplorando la possibilità di un accordo militare. 

 

Ieri i talebani hanno intimato agli Stati Uniti di rispettare lo spazio aereo afghano e quindi in pratica negano l’autorizzazione ai raid e alle operazioni di sorveglianza con i droni – che come sappiamo dopo il ritiro dei soldati sono rimasti l’unica scelta a disposizione per contenere eventuali minacce terroristiche. Vale la pena notare che gli ultimi due raid americani sono avvenuti il 27 e il 29 agosto ed erano contro lo Stato islamico in Afghanistan, che è acerrimo nemico anche dei talebani (il secondo raid è andato male e ha ucciso per errore dieci civili). I talebani almeno in pubblico preferiscono sin da subito stabilire un principio chiaro di sovranità territoriale piuttosto che un aiuto non dichiarato da parte dell’America contro lo Stato islamico. 
 

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)