Senior Airman Taylor Crul/U.S. Air Force via AP 

Così la crisi in Afghanistan ha evidenziato tutte le debolezze dell'Ue

David Carretta

La disfatta afghana è destinata ad avere un profondo impatto sull'Europa. Ecco cosa potrebbe cambiare e cosa non cambierà affatto

Doveva essere un'estate tranquilla, all'insegna della riapertura dell'Unione europea grazie al successo nella campagna di vaccinazione, in attesa dell'esito delle elezioni in Germania, prima di una nuova stagione di ritorno alla normalità dopo 18 mesi vissuti al ritmo delle ondate del Covid-19. E invece, il 15 di agosto, con la caduta dell'Afghanistan nelle mani dei talebani, e il 31 di agosto, con la fine delle operazioni del ritiro degli Stati Uniti da Kabul, hanno cambiato tutto. L'Ue si ritrova disarmata di fronte al disastro. I suoi stati membri sono stati costretti a subire le decisioni di Joe Biden senza riuscire minimamente a influenzare l'alleato americano, non sono stati in grado di completare l'evacuazione di tutti gli afghani che avevano collaborato con loro perché privi dei mezzi per rendere sicuro l'aeroporto e ora si ritrovano disarmati di fronte alla potenziale crisi di rifugiati dall'Afghanistan. Tutti i leader dell'Ue dicono di voler trarre la “lezione”. Nei prossimi mesi - complice anche la presidenza di turno della Francia nel primo semestre del 2022 - si discuterà molto di “autonomia strategica”. Ma le riunioni straordinarie e informali dei ministri dell'Interno, della Difesa e degli Esteri della scorsa settimana non sono di buon auspicio.

La grande paura e la vera priorità dell'Ue sull'Afghanistan è quella di evitare una crisi dei rifugiati analoga a quella del 2015 dalla Siria. Come ha spiegato Il Foglio in un editoriale, nella loro riunione del 31 agosto i ministri dell'Interno dei Ventisette hanno inviato un chiaro messaggio: l'Ue non vuole accogliere i rifugiati afghani, al di là delle poche migliaia di interpreti, collaboratori e delle loro famiglie. Il piano – se così si può chiamare – è riempire di soldi Pakistan, Iran e paesi dell'Asia centrale per fare in modo che accolgano i profughi dall'Afghanistan e impediscano un esodo verso l'Europa.

 

Sul piano strategico, la lezione che i ministri della Difesa volevano trarre è quella della necessità di garantire l'autonomia militare dell'Ue: non dipendere più dagli Stati Uniti per la propria sicurezza e i propri interessi. Ma il Consiglio informale Difesa del 2 settembre non è riuscito a mettersi d'accordo nemmeno sul lancio di una “Joint entry force” di 5 mila uomini per operazioni come mettere in sicurezza un aeroporto. Un'intesa sulla nuova dottrina dell'Ue nella difesa e nella sicurezza è ancor più lontana: la nuova Bussola strategica, che dovrebbe essere approvata a novembre, rischia di essere annacquata per l'opposizione di alcuni paesi, in particolare dell'est [qui tutti i dettagli]

Il 3 settembre sono stati i ministri degli Esteri a esprimersi sull'Afghanistan ponendo cinque condizioni per il dialogo (operativo) con i talebani: non esportare il terrorismo, rispettare i diritti umani, permettere agli afghani di lasciare il paese, istituire un governo inclusivo e permettere il libero accesso agli aiuti umanitari. Le azioni dei talebani sul terreno vanno già in tutt'altra direzione. In un altro editoriale Il Foglio spiega che l'Ue è intrappolata dalle sue debolezze e paure. Se la priorità è evitare un'ondata di rifugiati, prima occorre prevenire una crisi umanitaria: gli europei saranno costretti ad abbandonare alcune delle loro condizioni se vogliono far arrivare gli aiuti in Afghanistan. Nel frattempo l'Alto rappresentante, Josep Borrell, ha annunciato che l'Ue intende tornare a Kabul per coordinare i contatti europei con il nuovo regime dei talebani.

  

La disfatta afghana è destinata ad avere un profondo impatto sull'Ue. Di fatto pone fine alla luna di miele tra l'Europa e la nuova amministrazione di Joe Biden. A ottobre i capi di stato e di governo avranno due occasioni per discuterne: il summit con i Balcani organizzato dalla presidenza slovena il 6 ottobre e il Vertice europeo del 21 e 22 di ottobre. Il sistema di videoconferenza del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, rischia di surriscaldarsi. A Bruxelles, per contro, c'è chi ha notato la scarsa reattività di Ursula von der Leyen sulla crisi afghana. La presidente della Commissione ha fatto qualche proposta in occasione del G7, ma non ha ritenuto opportuno riunire il collegio dei commissari. Ad alcuni osservatori è parso paradossale per una Commissione che la stessa von der Leyen ha battezzato come “geopolitica”.