Il presidente Biden sapeva benissimo

Daniele Raineri

Il segretario Blinken, secondo il Wsj, ha letto il messaggio. La Cia e il Dipartimento di stato: “Collasso entro pochi giorni”

L’Amministrazione Biden è stata colta di sorpresa dal collasso dell’Afghanistan? Per nulla. Il Dipartimento di stato e la Cia sapevano e avevano avvertito la Casa Bianca. Del resto l’idea che centinaia di specialisti assunti e pagati dal governo americano per capire cosa succede in Afghanistan non si fossero accorti di nulla non regge. E infatti adesso il Wall Street Journal scrive che il 14 luglio, quindi pochi giorni dopo la conferenza stampa dell’8 luglio nella quale il presidente Biden dice che il tracollo afghano “è altamente improbabile”, ventitré diplomatici americani dell’ambasciata a Kabul hanno scritto un rapporto fatto arrivare al segretario di stato Antony Blinken tramite il canale “per il dissenso”, un canale istituito dopo la guerra del Vietnam per permettere ai diplomatici che stanno su campo di far conoscere il loro parere in contrasto con la linea della Casa Bianca. I ventitré diplomatici scrivono che il collasso arriverà subito dopo il ritiro americano del 31 agosto e chiedono al governo americano di accelerare la procedura di identificazione per gli afghani che devono essere portati in salvo – almeno diciottomila – e implorano di cominciare i voli di evacuazione non più tardi del primo  agosto. Mentre Biden in televisione diceva “mi fido dell’esercito afghano”, i suoi a Kabul volevano che i voli di evacuazione cominciassero entro due settimane dal loro avvertimento.

 

L’ex capo della Cia per il sud dell’Asia, quindi anche per l’Afghanistan, fino al 2019 quando si è congedato, si chiama Douglas London e sul sito specialistico “Just Security” ha spiegato che cosa sapeva l’intelligence da molti anni. Dopo il congedo, ha fatto parte da volontario del team di consulenti di politica estera di Biden durante la campagna elettorale. Il presidente Biden lunedì nel suo discorso dopo il collasso afghano ha detto: “Ho sempre promesso al popolo americano che sarò diretto. La verità è: questa cosa è successa più rapidamente di quanto avessimo previsto”. In realtà, scrive London, quando l’Amministrazione Trump cominciò a lavorare all’accordo di pace con i talebani la Cia preparò una serie di scenari per aiutare il presidente a fare le sue scelte. “Quando sarebbe arrivato il collasso, a sessanta giorni dal ritiro? A trenta? A diciotto mesi? In realtà, tutte queste risposte erano giuste a seconda dei piani per il ritiro, occorreva prima vedere le condizioni, i ‘che succede se’”, spiega l’ex dirigente dell’intelligence. “Era ovvio che Trump si volesse ritirare ma nemmeno voleva vedere le scene da incubo che vediamo oggi”. Gli scenari variavano da un ritiro prudente che avrebbe lasciato in Afghanistan cinquemila soldati e avrebbe conservato tutte le basi e tutta l’intelligence sul posto fino allo scenario più striminzito che prevedeva circa 2.500 uomini e il mantenimento delle basi militari più grandi a Kabul, Bagram, Jalalabad e Khost, oltre che dell’infrastruttura per continuare ad aiutare le basi cedute agli afghani. L’opzione taglia large avrebbe prevenuto il collasso per almeno due anni (“per almeno”), l’opzione small avrebbe dato agli Stati Uniti il tempo e l’elasticità necessari a cambiare il piano. L’opzione “Kabul only”, soltanto a Kabul, all’inizio prevedeva che restasse la gigantesca base aerea di Bagram a un’ora dalla capitale e altre basi nell’area allargata di Kabul. Senza nessun’altra presenza di soldati e di intelligence a parte l’ambasciata di Kabul, che è l’opzione scelta da Biden, la Cia prevedeva che il collasso sarebbe arrivato “entro giorni”. E questi erano scenari che l’intelligence americana aveva già scritto da anni. Il primo luglio gli americani hanno abbandonato la base di Bagram, quarantacinque giorni dopo i talebani sono entrati a Kabul. E’ vero che Biden non poteva fare altro, altrimenti i talebani avrebbero ricominciato gli attacchi? In realtà i soldati americani erano ormai da anni al sicuro nelle loro basi e nelle regioni meno esposte. L’Amministrazione ha scelto l’opzione più rischiosa e ha sperato che il collasso fosse più soft, spalmato in più tempo e meno spettacolare.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)