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Lezioni per Londra sul vuoto americano. Parla Tom Tugendhat

Gregorio Sorgi

Per il deputato conservatore e presidente della Commissione Esteri dei Comuni la decisione di ritirare le truppe dall’Afghanistan “è il più grande errore in politica estera dopo la crisi di Suez del 1956”

Quali lezioni deve trarre la Gran Bretagna dalla tragedia afghana? “Il messaggio fondamentale è che dobbiamo ricostruire le nostre alleanze e diventare più indipendenti dagli Stati Uniti”. Tom Tugendhat, deputato conservatore e presidente della Commissione Esteri dei Comuni, viene generalmente considerato un falco atlantista che su molti dossier, come quello dei rapporti con la Cina, ha spinto il suo governo a seguire l’esempio di Washington. Ma la decisione americana di ritirare le truppe dall’Afghanistan non gli è andata giù (“è il più grande errore in politica estera dopo la crisi di Suez del 1956”) anche perché lo ha colpito sul piano personale. Tugendhat, un ex ufficiale dell’esercito, conosce bene ciò di cui parla; ha vissuto due anni in Afghanistan, dove ha contribuito a dare vita a un’amministrazione civile nella provincia di Helmand, e continua ad avere molti amici nel paese, che in questi giorni hanno chiesto il suo aiuto.

Ieri Tugendhat ha criticato duramente il presidente Biden (“chi non ha mai combattuto a difesa dei propri colori deve fare attenzione a criticare chi lo ha fatto”) in un discorso molto retorico in Parlamento.

 

Parlando con il Foglio, il deputato dei Tory non si sbilancia sui suoi trascorsi militari (La scelta di Biden ha tradito la memoria dei soldati caduti? “Dovete chiederlo alle loro famiglie”) e si augura che il disastro afghano serva da lezione per la Gran Bretagna. “In questi giorni abbiamo capito che la politica estera britannica non può prescindere dagli Stati Uniti. Non possiamo seguire ciecamente tutte le scelte americane nel mondo. Dobbiamo investire maggiormente nell’alleanza con la Nato e con i paesi che hanno interessi simili ai nostri come la Francia, che resta il nostro primo partner militare, l’Olanda e l’Australia”. Secondo Tugendhat questa tesi “non è in contraddizione con la realtà della Brexit”, che secondo molti dei suoi fautori doveva prefigurare il ritorno della special relationship con Washington. “Innanzitutto, la politica economica non coincide sempre con la politica militare. Inoltre, credere nella Global Britain non significa restare ancorati al rapporto atlantico, ma costruire alleanze con paesi extra europei come l’India o l’Australia. Questa disfatta ha rafforzato la mia convinzione che questa sia la strada giusta”. 

Tugendhat crede che la decisione americana sia stata dettata da ragioni politiche piuttosto che militari, dato che il numero di vittime militari statunitensi in Afghanistan è stato esiguo negli ultimi anni. Perché è stata presa questa scelta? “Naturalmente non posso parlare a nome dell’amministrazione americana. Tuttavia, credo che il ricordo del 9/11 continui a influenzare molto la politica estera di Washington e le scelte del presidente Biden. Ad esempio, il ritorno delle truppe americane in Afghanistan è stato affrettato per farlo coincidere con l’anniversario dei vent’anni dall’abbattimento delle Torri Gemelle, e questo ha avuto degli effetti militari disastrosi. Biden avrebbe dovuto completare la ritirata il prossimo inverno; questo avrebbe permesso all’esercito afghano di resistere più a lungo”.

 

L’ex ufficiale non crede che i talebani si siano moderati negli ultimi vent’anni. “Hanno acquisito nuove abilità militari ma restano un gruppo islamico estremista, che rappresenta un pericolo per i cittadini dell’Afghanistan. Detto questo, non penso che ci sarà un ritorno alla situazione precedente all’intervento americano. La storia non fa mai passi indietro, e noi dobbiamo adattarci sempre a situazioni diverse”. 

Tugendhat riconosce che nell’ultima settimana il governo britannico aveva le mani legate, dato che una permanenza unilaterale delle truppe britanniche in Afghanistan sarebbe stata inutile. E dalla sua ricostruzione non è chiaro cosa avrebbe potuto fare diversamente Boris Johnson, dal momento in cui i principali alleati britannici – in primis Francia e Germania – erano contrari a mantenere i propri soldati in Afghanistan. Ma per il futuro la priorità è “aiutare i cittadini afghani a uscire dal paese, soprattutto quelli che sono stati messi in pericolo dalle nostre azioni”.

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