(Ansa)

Lockdown anche in Amazzonia

Maurizio Stefanini

“Si raccomanda di non fare mingas, masateadas o balli tradizionali": nella selva è arrivato il Covid e le precauzioni non sono diverse da quelle che utilizzate nelle grandi città del mondo sviluppato

Lockdown anche in Amazzonia. “Si raccomanda di non fare mingas, masateadas o balli tradizionali, tra l’altro"; “caricate le vostre totuma o tarritos di mambe”;  “solo una persona per ogni famiglia può andare a pescare, cacciare o fare la spesa al villaggio”. Non sono che alcuni dei messaggi che il Centro di Produzione Radiofonica della Universidad Nacional de Colombia Sede Amazonia ha tradotto nelle lingue delle etnie Ticuna, Uitoto, Yucuna e Macuna apposta per spiegare agli indios come affrontare la pandemia. Perché anche nella selva il Covid è arrivato, e anche nella selva c’è bisogno di affrontarlo utilizzando precauzioni di principio non diverse da quelle che sono state utilizzate nelle grandi città del mondo sviluppato.

 

Per intendere meglio. La Minga, o Mink’a, è un tipo di istituzione che deriva dai tempi degli Incas: la stessa parola viene dal quechua, lingua ufficiale dell’impero peruviano; e indica un lavoro comune per raggiungere un obiettivo, i cui dividendi verranno poi suddivisi tra i partecipanti. E una masateada è una cerimonia rituale. Insomma, il primo consiglio è equivalente alla chiusura di uffici, chiese e discoteche. La totuma di zucca o il tarrito di coccio sono i recipienti tradizionali in cui viene conservato il mambe  o ypadú: una polvere che si ottiene col tostare, macinare e mescolare a cenere le foglie della coca amazzonica. Un prodotto con valori allo stesso tempo alimentari e medicinali che per quelle etnie è un genere di prima necessità.   

 

A dare le istruzioni è stato il programma radiofonico El canto del tucán, che cerca di arrivare in zone remote dove sia per l’isolamento geografico che per quello linguistico la notizia del Covid spesso non è arrivsta, ma il contagio sì. Si parla dei dipartimenti di  Amazonas, Caquetá, Guainía, Guaviare, Putumayo e Vaupés, che rappresentano il 41,8 per cento del territorio nazionale. Fino al 5 agosto 2021, il Ministero della Salute colombiano ha riportato 6.652 casi di Covid in Amazonas, 15.607 a Putumayo e 22.232 a Caquetá. 
Secondo quanto ha spiegato l'antropologo Dany Mahecha Rubio, insegnante e master in Studi sull'Amazzonia presso la Universidad Nacional de Colombia Sede Amazonia, “il tucano è un animale che augura cose buone e avverte ciò che accade attraverso un canto calmo e sereno. Un anziano della comunità indigena di Curripaco ci ha raccontato questa storia e così abbiamo scelto il nome del programma”.  

 

Dal giugno del 2020 sono andate in onda dalla sede di Florencia 12 trasmissioni, spiegando agli ascoltatori come prevenire e assistere all'emergenza e condividendo le esperienze avvenute in ogni luogo e come hanno affrontato il virus. I leader delle comunità indigene sono stati coinvolti, hanno distribuito volantini didattici del programma e hanno inviato radio in tutto il territorio, in modo che la popolazione con scarso accesso potesse sintonizzarsi sulla stazione. Un team di antropologi, medici, operatori sanitari e comunicatori sociali ha lavorato per tradurre le informazioni dal Ministero della Salute su biosicurezza e distanziamento sociale non solo in spagnolo regionale ma anche in lingue indigene. Il successo è stato tale che il programma è stato rilanciato  dalla stazione comunitaria Radio Waira di Putumayo, che lo ha trasmesso a 11 comunità indigene; poi a Caquetá, attraverso un’altra rete di radio comunitarie. Dimostrato dalla interrelazione degli indigeni, attraversi una quantità di domande via Whatsapp, Il successo è stato celebrato in occasione della Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni questo 9 agosto.

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