Perché ieri la comunità internazionale ha finto che l'Iran sia un paese normale

Daniele Raineri

Il nuovo presidente, Ebrahim Raisi, si è insediato in un clima di diplomazia forzata tra droni-bomba e dirottamenti

L’Iran ha capito che l’Amministrazione Biden non ha alcuna voglia di tensioni o di farsi trascinare in uno scontro in medio oriente – e tanto meno ne ha l’Europa – e quindi è disposta a tollerare molto per tornare a negoziare il dossier nucleare a Vienna, dice l’analista Karim Sadjadpour. “Gli iraniani hanno la stessa sicurezza di un mercante nel bazaar che ha compreso che il turista americano non andrà via senza aver comprato il tappeto”. E’ un’intervista sulla rete americana Nbc che spiega in poche parole l’aria di normalizzazione forzata che ieri ha circondato l’insediamento del nuovo presidente iraniano, Ebrahim Raisi, avvenuto in Parlamento davanti a dignitari e diplomatici arrivati per l’occasione da molte nazioni. Aria di normalizzazione forzata perché non c’è nulla di normale in realtà. Ci vuole davvero uno sforzo diplomatico per ignorare quello che succede in questi giorni.

 

Una settimana fa un drone iraniano con un carico esplosivo ha sfondato la tolda di una nave commerciale, la Mercer Street, in navigazione nel Golfo dell’Oman e ha ucciso due persone, un britannico e un romeno, dopo un volo mirato durato centinaia di chilometri. In pratica hanno usato il drone come se fosse un missile lanciato dalla terraferma per attraversare quel tratto di mare e colpire la Mercer Street perché il proprietario è israeliano. Il governo dell’Iran nega, ma si tratta di una smentita di routine. Israele e Stati Uniti, che nell’area hanno un robusto apparato di sorveglianza, accusano l’Iran e sostengono di avere prove decisive. Romania e Regno Unito partecipano alle accuse – è molto probabile che le prove siano state condivise con loro.

 

Martedì 3 agosto una nave cisterna inglese, la Asphalt Princess, che transitava nel Golfo è stata abbordata “da cinque, sei uomini armati in divisa” che hanno preso il controllo e hanno ordinato all’equipaggio di fare rotta verso l’Iran. L’equipaggio però ha messo fuori uso il motore, la nave è andata alla deriva, un incrociatore americano si è avvicinato e dopo quattro ore gli uomini hanno lasciato la Asphalt Princess, che ora è ferma all’ancora in attesa di riparazioni. La ricostruzione unanime, a partire dalla compagnia d’assicurazione per finire con l’equipaggio e con la Guardia costiera dell’Oman, è che si trattasse di militari iraniani. L’hanno già fatto con altre sette navi a partire dal 2019 per stabilire una forma di controllo armato su quella rotta – che è molto importante per il traffico commerciale del mondo – e ricordare con un’esibizione di forza che il transito è esposto alle decisioni dell’Iran. Si tratta di aggressioni di breve durata per bilanciare la presenza di unità militari nemiche come quelle americane e britanniche nella zona, come a dire: siamo noi in controllo, questo è il nostro territorio.  

 

Anche in questo caso il governo di Teheran ha emesso una smentita ufficiale – che fa parte del gioco. Entrambe le operazioni, il drone-bomba e l’abbordaggio, fanno parte delle diverse campagne che l’Iran conduce nella regione, senza prendersi in modo esplicito la responsabilità. Ma questo iperattivismo è molto chiaro per chi lo subisce. Sempre martedì i libanesi che hanno marciato in un corteo di protesta contro il governo perché era l’anniversario dell’esplosione che ha devastato Beirut avevano un lungo striscione che diceva: “Iran out”. Sanno che è l’influenza dell’Iran a paralizzare la politica del Libano e quindi a proteggere i responsabili dell’esplosione. 

  
Ieri durante l’inaugurazione di Raisi i media iraniani giocavano con questo clima di normalità forzata e inquadravano il delegato dell’Unione europea, Enrique Mora, seduto dietro a Ismail Haniyeh, delegato di Hamas, Naim Qassem vice del gruppo libanese Hebzollah e Ziyad al Nakalah, leader del Jihad islamico palestinese – il gruppo palestinese più forte nella Striscia di Gaza dopo Hamas. Sono tre gruppi finanziati e armati dall’Iran e sono anche sulla lista dei gruppi terroristici dell’Unione europea (nel caso di Hezbollah, soltanto la cosiddetta “ala militare”).

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)