"Sparata. Bum". Cosa significa la nuova fissazione di Trump

Daniele Raineri

L'ex presidente aizza la base con con una campagna per svelare il nome dell'agente che uccise la “martire” Ashli Babbitt durante l'assalto al Congresso (lo sanno già tutti)

L’ex presidente Donald Trump ha trovato un nuovo argomento per aizzare la sua base e spostare l’intero Partito repubblicano verso posizioni più estreme rispetto al passato: una campagna per svelare il nome dell’agente che ha ucciso con un colpo di pistola Ashli Babbitt il 6 gennaio durante l’assalto al Congresso. Quel giorno la Babbitt era nella folla che aveva sopraffatto la polizia e aveva fatto irruzione dentro al Congresso per dare la caccia al vicepresidente Mike Pence e ai leader del Partito democratico. Babbitt era una seguace della setta di QAnon, che è convinta che Trump sia un essere angelico in guerra con i demoni. Quando la folla si era divisa in modo casuale fra i corridoi dell’edificio, la donna era arrivata alla porta che divideva gli assalitori dalla Camera, dove molti rappresentanti aspettavano ancora di essere portati in salvo, e si era arrampicata attraverso una porta a vetri che un suo compagno di irruzione aveva appena sfondato. Un agente della sicurezza le aveva sparato un colpo alla spalla per fermarla, altri agenti l’avevano subito soccorsa ma era morta poco dopo. 

    

Il primo luglio la newsletter di Trump era intitolata: “Chi ha ucciso Ashli Babbitt?”. Due giorni dopo, l’ex presidente durante un comizio in Florida ha chiesto: “Chi ha sparato ad Ashli Babbitt? Abbiamo tutti visto la mano, abbiamo visto la pistola… Se fosse successo a qualcuno dall’altra parte, la persona che ha sparato sarebbe stata impiccata. Okay?”. “E invece non ci vogliono dare il nome… E’ una cosa terribile no? Sparata. Bum. Terribile”. 

    
“E perché le persone arrestate per il 6 gennaio sono ancora in prigione?”. Mercoledì, mentre parlava del fatto che è stato sospeso dai social media, gli hanno chiesto dell’assalto della folla al Congresso – che è il motivo della sospensione – e lui si è messo di nuovo a parlare della morte di Babbitt: “La persona che ha ucciso Babbitt. Boom. Proprio in mezzo alla testa. Così, bum. Non c’era nessuna ragione per farlo. E perché la persona non è indagata?”. 

   

L’indagine c’è stata, come è ovvio, ma ad aprile ha assolto l’agente perché ha agito per legittima difesa durante un assalto alle istituzioni che aveva il compito di proteggere. Come regola generale, il Partito repubblicano prenderebbe senza esitazioni le parti di un poliziotto che spara contro aggressori che sfondano le porte di un palazzo governativo. A maggio 2020, quando a Washington c’erano proteste contro Trump, l’allora presidente aveva dichiarato che chiunque avesse provato a oltrepassare la cancellata della Casa Bianca “si sarebbe trovato davanti alle armi più minacciose mai viste”. Questa campagna rivela un sottile, ma definitivo, cambiamento di linea: sei mesi fa i repubblicani avevano condannato l’irruzione al Congresso; poi la destra per Trump ha cominciato a minimizzare, a dire che non era stato nulla di straordinario; quindi erano arrivate le teorie del complotto che gettavano la colpa su un non meglio specificato piano dell’Fbi per attirare in trappola i sostenitori di Trump; adesso è Trump a sposare la linea più estrema, quella da dove non si torna indietro: Babbitt è una martire del movimento, la folla era nel giusto, i prigionieri vanno liberati e l’identità dell’agente, che è afroamericano, rivelata anche se così diventerà un bersaglio.

  

In realtà l’identità è nota, perché con la mole di immagini di quel giorno non ci vogliono grandi capacità investigative per capire chi è l’agente. Ma Trump cavalca la campagna. Alla quale partecipa anche il presidente russo Vladimir Putin, che durante l’intervista alla rete americana Nbc il 14 giugno, prima del summit con Joe Biden, a una domanda sull’avvelenamento di Navalny da parte dei servizi segreti russi rispose: “Da voi gli oppositori sono fucilati sul posto”.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)