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La Corte suprema dà ragione ai cattolici a Filadelfia

Giulio Meotti

La città dell’amore fraterno aveva rifiutato di dare i bambini in affidamento a un'organizzazione diocesana perché vietava alle coppie dello stesso sesso di chiedere di diventare genitori adottivi. In gioco c’è la “più apprezzata libertà d’America” secondo Benedetto XVI

“La questione cattolica mette tutti in imbarazzo”, aveva detto al francese Point della scorsa settimana Jean-Pierre Denis. Dopo anni di sentenze a senso unico, aborto e nozze gay sono entrati nella giurisprudenza americana. La grande battaglia rimasta è sulla libertà religiosa. Ieri la Corte suprema ha segnato un punto in suo favore, pronunciandosi per un’agenzia della chiesa cattolica che ha fatto causa dopo che Filadelfia, la città dell’amore fraterno, ha rifiutato di dare i bambini in affidamento all’organizzazione perché vietava alle coppie dello stesso sesso di chiedere di diventare genitori adottivi. La città aveva smesso di indirizzare i bambini in stato di bisogno all’agenzia diocesana. Così Sharonell Fulton, nera e cattolica, ha fatto causa alla città.

La sentenza ieri all’unanimità (9-0), scritta dal chief justice John Roberts, è una vittoria per la garanzia del Primo emendamento sul libero esercizio della religione. Nella sentenza, Roberts ha scritto: “L’organizzazione vuole continuare a servire i bambini di Filadelfia in modo coerente con le sue credenze religiose; non  cerca di imporle  a nessun altro”. Il caso contrapponeva i diritti lgbt ai diritti religiosi durante il “mese dell’orgoglio arcobaleno”. Il giudice distrettuale Petrese Tucker nel 2018 si era pronunciato contro l’organizzazione che quotidianamente ha in cura 127 bambini, rilevando che le misure antidiscriminazione della città sono state applicate in modo uniforme, il che significa che i diritti religiosi non sono stati violati e non ha diritto a un’esenzione. Il Catholic Social Service, che contribuisce a fornire servizi di affidamento da più di un secolo, aveva affermato che sarebbe stato costretto a chiudere se non fosse stato in grado di partecipare al programma cittadino.

Un anno fa, la Corte suprema aveva già esteso le esenzioni morali e religiose ai piani di assicurazione sanitaria forniti dal datore di lavoro che coprivano il controllo delle nascite. La sentenza, anche allora, era arrivata con un sorprendente voto di 7-2, con voto favorevole anche dei giudici liberal Stephen Breyer ed Elena Kagan. Consentire alle agenzie cattoliche di rispettare l’insegnamento della chiesa sul matrimonio armonizza le garanzie costituzionali della libertà religiosa e mantiene il flusso dei servizi. 

In gioco c’è la “libertà più apprezzata d’America”, come l’ha definita Benedetto XVI. Le alternative erano l’abiura della libertà di coscienza oppure andare incontro alle conseguenze legali di un rifiuto. Un voto contrario, ieri, avrebbe significato non soltanto che si sarebbe preferito che i bambini orfani fossero portati via ai servizi sociali cattolici piuttosto che tollerare il cattolicesimo, ma anche dire a un pezzo importante d’America che la “libertà più apprezzata” vale soltanto per il culto privato, non nella sua dimensione pubblica e sociale. Si trattava di stabilire il confine della manifestazione della coscienza religiosa. La Corte suprema la spinge oltre i rigidi steccati del laicismo confessionale. 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.