Il compositore cancellato

Micol Flammini

Daniel Elder aveva criticato gli attivisti che durante le manifestazioni scoppiate dopo l'uccisione di George Floyd avevano vandalizzato la città di Nashville. E' stato esiliato e censurato dal mondo a cui pensava di appartenere, quello liberal, e adesso racconta il suo anno di accuse e oblio

Roma. Daniel Elder è un compositore statunitense di musica classica e corale, vive  a Nashville, Tennessee,  e ha cercato negli anni di rendere la sua musica fruibile per tutti, comprensibile anche a un pubblico dai gusti meno ricercati. Lo dice lui, nel suo blog, dove scrive che il primo obiettivo delle sue composizioni è quello di attraversare i confini e trovare note che parlino al di fuori “della loro nicchia”. Sembra un manifesto dell’inclusività messo su uno spartito. Ma non conta, perché tutto ciò che Elder ha fatto, detto, composto di buono nella vita è stato oscurato  da una sua critica, anche questa molto pacifica e  inclusiva, che non ha passato però il test di purezza imposto dalla wokeness. Daniel Elder è  finito tra i cancellati dalla cancel culture per aver scritto: “Divertitevi a bruciare tutto, persone cieche e ben intenzionate. I’m done”. Il post è stato scritto lo scorso anno, dopo che, per la  morte di George Floyd, erano scoppiate le proteste in giro per l’America e anche a Nashville. 

 

Per Elder non c’erano dubbi che la causa dei manifestanti fosse giusta, ma quello che contestava erano i metodi della contestazione. A Nashville non tutti  hanno sfilato in modo pacifico, alcuni attivisti hanno vandalizzato negozi, vie ed edifici. Le finestre del tribunale sono state distrutte e la stessa sorte è toccata a una targa commemorativa del movimento dei diritti civili della città. Era questa violenza che Elder contestava, non la causa, non l’indignazione o la rabbia per l’uccisione di Floyd. Erano gli eccessi, la mentalità d’assalto  che sembrava aver preso tutta la città e anche i suoi amici. In poco tempo il compositore si è visto allontanare da tutti, la sua casa di produzione, la Gia Publications, ha tentato di imporgli un messaggio di scuse, in cui Elder avrebbe dovuto  ammettere di aver scritto cose fuori luogo. Il compositore si è rifiutato e la Gia ha preso le distanze: “Le opinioni espresse da Daniel Elder nel suo post incendiario … non riflettono i valori di Gia e dei nostri impiegati”. Era proprio contro gli incendiari che si era schierato il compositore, contro coloro che con la violenza rovinano le cause giuste. Eppure si è ritrovato non soltanto tra i cancellati, ma proprio con addosso il marchio del provocatore. “La tua retorica sulle recenti proteste è inaccettabile, la mia scuola non inserirà più nel programma la tua musica, fino a quando non ci saranno scuse formali”, gli ha scritto il direttore di un istituto musicale in Ohio. Elder non si è mai voluto scusare, non ne aveva motivo, ha subìto le offese dei suoi fan che lo informavano che  la sua musica sarà anche stata buona, ma dopo quello che aveva fatto nessuno avrebbe più dovuto ascoltarlo. Elder ha raccontato in un’intervista alla rivista Reason il suo anno di colpa e oblio, in cui o si è sentito accusare o si è visto cancellare, sempre da quella che pensava fosse la sua sfera di appartenenza culturale: il mondo liberal. 

 

Colpito dalla cancel culture, finito nel marasma dei cancellati, senza nessuno che voglia produrre la sua musica, un lato positivo in tutto questo Elder lo ha trovato: si è ritrovato a parlare con gli esiliati, liberal come lui cacciati dai radicali, ma anche persone di centro e di destra. Un nuovo popolo al di là dell’ideologia. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.