Taiwan senza vaccini trova un alleato di ferro: il Giappone

Dopo essere stato il paese che meglio aveva contenuto in virus, si è ritrovato senza un piano vaccinale. Un dramma anche politico

Giulia Pompili

La Cina fa propaganda sui fallimenti di Taiwan. L'America non si affretta a difenderla e aiutarla. Nel frattempo, i cittadini iniziano a essere scontenti della presidente Tsai

Qualunque cosa succeda a Taiwan è una questione politica, e non solo domestica. Ma con la prima vera crisi di contagi da Covid sin dall’inizio della pandemia l’isola di Formosa è sempre più il simbolo di una guerra d’informazione, di rapporti di forza, di alleanze e rivalità. Taiwan, che aveva gestito meglio di qualunque altro paese l’epidemia di coronavirus, a metà maggio ha iniziato a vedere i contagi salire esponenzialmente. Come è avvenuto anche in altre aree asiatiche, l’ottimismo e quella sensazione di aver “sconfitto” il virus non è stata sufficiente a fermare la cosiddetta variante Delta  – quella scoperta per la prima volta in India. Quando è arrivata a Taiwan, il governo di Taipei non aveva ancora in mano un programma di vaccinazioni di massa efficace, anzi, non aveva nemmeno le dosi, perché la politica locale, nel frattempo, stava dando molto risalto a due vaccini sviluppati domesticamente dalla United Biomedical Inc. e dalla Medigen Vaccine Biologics Corp., attualmente ancora in fase di sperimentazione. Per ora ci sono stati solo 22 morti (su una popolazione di 23 milioni) ma la messa in sicurezza è ancora lontana. Un mese fa il governo di Tsai Ing-wen ha iniziato a muoversi per accaparrarsi delle dosi di vaccini prodotti da Pfizer, Moderna, Astrazeneca, con i maggiori paesi produttori ancora in blocco delle esportazioni e una lunga fila di altri paesi in attesa di ulteriori dosi, Taiwan si è ritrovata a dover chiedere aiuto. 


E qui inizia la parte della politica. Il mese scorso i funzionari di Taiwan hanno accusato la Cina di aver fatto pressioni sulle aziende europee come BioNTech per rallentare l’acquisto diretto, chiedendo, tra le altre cose, di cambiare la parola “paese” con cui ci si riferiva a Taiwan nel contratto. 
Ogni insuccesso della Repubblica di Cina è un successo per la Repubblica popolare cinese, che ne rivendica la territorialità. Del resto Taiwan è il terreno di scontro più evidente tra America e Cina, ed è per questo che, quando a Taipei è iniziata la corsa alla ricerca del vaccino, Pechino ha offerto diverse volte l’accesso a quelli cinesi: offerta rifiutata. Dice al Foglio una fonte del ministero degli Esteri di Taipei che si è occupata delle trattative ma che preferisce restare anonima, che l’aiuto cinese è stato rifiutato non tanto per una questione ideologica, ma più per il fatto che i cittadini di Taiwan non si fidano della Cina: insomma, nessuno si sarebbe vaccinato con Sinopharm o Sinovac.  Nel frattempo, però, la propaganda di Pechino si è intensificata. Il Global Times, tabloid in lingua inglese legato al Partito comunista, ha pubblicato diversi articoli per dire ai taiwanesi: l’America, che promette di proteggervi in caso di guerra, non vi manda i vaccini? Che amicizia sarebbe questa? Ieri si dava poi molto risalto a una minoranza di taiwanesi che ha deciso di attraversare lo Stretto di Formosa e andare a vaccinarsi in Cina: in realtà si tratta di taiwanesi che fanno affari in Cina e che hanno bisogno del vaccino per poter continuare a lavorare e a spostarsi. 


Nel frattempo Taiwan sperimenta per la prima volta il “semi-lockdown” e l’aria di festa di un paio di mesi fa è scomparsa. Il tasso di popolarità della presidente Tsai è sceso sotto il 50 per cento, il tasso più basso sin dal novembre del 2019. Servono i vaccini, che per ora sono meno di un milione. Il consorzio internazionale Covax dovrebbe provvedere a far arrivare quasi venti milioni di dosi, che però non ci sono ancora. Almeno 750 mila di queste dosi dovrebbero essere americane, nell’ambito della decisione del presidente Joe Biden di condividere con il resto del mondo le riserve degli Stati Uniti. 


A giudicare insostenibili le lungaggini burocratiche del Covax è stato finora solo il Giappone, che venerdì scorso ha inviato 1,24 milioni di dosi di Astrazeneca a Taipei. Il famoso grattacielo Taipei 101, la sera in cui il cargo nipponico è atterrato, si è illuminato con la scritta “Taiwan loves Japan”. Il ministro degli Esteri giapponese, Toshimitsu Motegi, ha detto che la donazione riflette “l’importante partnership e l’amicizia di Giappone e Taiwan”.  La pandemia ha allontanato la Cina, ma anche l’America da alcuni paesi asiatici, che adesso preferiscono farsi da soli la propria politica estera.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.