È di nuovo la stagione dei roghi di navi e raffinerie in Iran (oppure c'è una manina?)

Daniele Raineri

L'unità più grande della flotta iraniana affonda dopo un incendio, la principale raffineria di Teheran brucia. Se fosse un paese normale non si parlerebbe di sabotaggi, ma c'è una guerra silenziosa in corso

La nave più grande della flotta iraniana, la Kharg, è affondata ieri dopo che un incendio potente scoppiato nella notte tra martedì e mercoledì aveva costretto i quattrocento uomini di equipaggio ad abbandonarla poco lontano dalla costa, vicino all’imboccatura dello Stretto di Hormuz. La Kharg era usata per rifornire di carburante le altre navi militari dell’Iran, come unità di addestramento e anche per scortare le petroliere iraniane quando transitano nel Golfo. La notizia ha due possibili spiegazioni che in questo momento valgono l’una quanto l’altra. La prima è che la nave è stata l’ennesima vittima dell’obsolescenza delle forze militari dell’Iran, che da anni tentano di proiettare un’immagine aggressiva ma scarseggiano di fondi e devono arrangiarsi con il rimaneggiamento permanente di quello che hanno a disposizione. La Kharg aveva 45 anni, risaliva all’epoca dello Scià e aveva superato il suo ciclo di vita naturale. Nel 2016 alcuni suoi impianti erano stati sostituiti ed è probabile che la qualità dei nuovi fosse inferiore a quella degli originali prodotti nei cantieri inglesi. L’incendio a bordo della nave potrebbe essere l’ultimo di una serie recente di errori e disastri militari. Martedì due piloti di caccia iraniani sono morti perché i sedili eiettabili del loro F-5 si sono azionati per un malfunzionamento quando ancora l’aereo era dentro l’hangar. Nel maggio 2020 la fregata Jamaran lanciò un missile per errore contro la nave Konarak  e uccise 19 marinai. Nel 2018 un’altra nave da guerra, la Damavand, affondò nel mar Caspio dopo essere andata alla deriva contro gli scogli. 

 
La seconda possibile spiegazione per l’incendio e la perdita della nave Kharg è che si tratti di un sabotaggio israeliano. Da due anni Iran e Israele stanno combattendo una guerra discreta (anche) in mare a colpi di sabotaggi: nella maggior parte degli attacchi specialisti militari di entrambe le parti si avvicinano con discrezione e fanno aderire mine magnetiche allo scafo delle navi. Ad aprile la nave iraniana Saviz, un’unità spia che finge di essere una nave da carico (il suo vero ruolo è stata rivelato dagli americani nel novembre 2020) e sorveglia il passaggio davanti alle coste dello Yemen, è stata danneggiata da una bomba. A fine febbraio un cargo israeliano in navigazione davanti all’Oman è stato costretto a tornare in porto dopo che quattro esplosioni ne avevano perforato lo scafo. Fino ad aprile questi attacchi reciproci rispettavano una regola non scritta: non causare vittime, per non dare il via a una escalation. Ma l’esplosione contro la Saviz – che era sotto la linea di galleggiamento, quindi poteva essere letale – e ora questo affondamento della Kharg, se di sabotaggio si tratta, potrebbero segnalare un salto di livello nella guerra silenziosa. E’ un grosso “se”, perché non ci sono elementi che provino in modo decisivo l’una o l'altra tesi. 

 

Ieri vicino alla capitale Teheran una grande raffineria è andata a fuoco e la colonna di fumo nero e denso era visibile da molti chilometri. Anche in questo caso vale la doppia spiegazione. Viene in mente la campagna di sabotaggi dell’estate scorsa, quando tra molti bersagli raggiunti in Iran anche il sito nucleare di Natanz fu colpito da una bomba piazzata al suo interno. Tuttavia c’è anche da considerare che con l’arrivo del caldo gli impianti obsoleti dell’Iran sono più vulnerabili agli incidenti. Due giorni fa il nuovo capo del Mossad israeliano, David Barnea, nel suo primo discorso ripreso dai giornali ha parlato di una campagna di operazioni contro l’Iran, ma ad associare ogni incidente al Mossad si finisce per diventare come alcuni tassisti nei paesi arabi che evocano un complotto internazionale a ogni foratura di gomma.

 
Ieri, mentre l’incendio nella raffineria illuminava i quartieri sud della capitale, il governo iraniano ha fatto poche dichiarazioni sulla giornata perché la posizione di default durante le crisi è ridurre al minimo le spiegazioni ufficiali. Sia la campagna di sabotaggi sia gli incidenti causati da equipaggiamento vetusto non sono argomenti che il regime vuole pubblicizzare. Mancano due settimane al “voto controllato” per scegliere un leader da una lista di nomi approvati dalla Guida Suprema.  
 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)