(foto EPA)

editoriali

Scontro di civiltà sul canguro

Redazione

Attivisti americani vs aborigeni australiani sulla pelle e la carne del marsupiale

La Kangaroo Protection Act è la legge proposta dal deputato democratico della California, Salud Carbajal, e dal repubblicano della Pennsylvania, Brian Fitzpatrick. Ferocemente divisi sull’eredità di Trump, i due grandi partiti americani sono d’accordo sulla campagna “I canguri non sono scarpe” che si propone di vietare l’ingresso non solo dei prodotti in pelle di canguro, ma anche della carne. Il Guardian avverte: “Un bando degli Stati Uniti sui canguri potrebbe spazzare via un’opportunità per gli indigeni”. Il sito di informazione The Conversation aggiunge: “Un bando sul cuoio di canguro potrebbe essere un disastro per gli animali stessi”. Della questione si era già occupato il premio Pulitzer Jared Diamond nel suo bestseller del 2005 intitolato “Collasso”, dove spiegava che sarebbe meglio se l’Australia esportasse vino e carne di canguro invece che lana, carni ovine o cereali.

Il “continente nuovissimo” è “eccezionalmente fragile” dal punto di vista ecologico, a causa del suolo meno fertile del pianeta. Agricoltura e allevamento di tipo europeo si sostengono dunque solo con un massiccio impiego di fertilizzanti, che causano un ulteriore impoverimento del terreno, siccità,  incendi continui e più effetto serra. Vino e canguri avrebbero un minore impatto ambientale e un maggiore valore aggiunto. Il vino australiano per fortuna va bene. Ma, come ricorda Diamond, “gli australiani considerano i canguri  degli animali fastidiosi e dannosi, e non credono che la loro carne possa rimpiazzare una buona cena tradizionale all’inglese, a base di carne di montone e di manzo”. La mangiano gli aborigeni, le cui reti di vendita sono ora a rischio perché negli Stati Uniti, scriveva sempre Diamond,  “questo animale è ritenuto ‘carino’ e perché la moglie di qualche senatore deve aver sentito dire che è una specie a rischio di estinzione”. In realtà di canguri in Australia ce ne è una cinquantina di milioni, e ne vengono abbattuti meno di due milioni l’anno. A rischio di estinzione più o meno come i cinghiali nella Roma di Virginia Raggi.

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