L'Eurostar è salvo

Mauro Zanon

Arrivano i soldi per la compagnia transnazionale che ha annunciato un accordo di rifinanziamento da 290 milioni di euro per ricostruire un altro ponte tra la Gran Bretagna e il continente che rischiava di saltare. Adesso si può ancora sognare Londra in un'ora e mezza di treno da Parigi

Lo prenderemo ancora il treno dei nostri sogni e delle nostre voglie di Cool Britannia a due ore da Parigi, il treno dei weekend a Londra e poi a Brighton che nel 1994 permise alla Gran Bretagna di non essere più un’isola, il treno di tutta una generazione riunita attorno ai valori di libertà e mobilità, di audacia e apertura, la “generazione Eurostar”. La Brexit e la crisi sanitaria hanno rischiato di far deragliare anche gli ultimi due convogli ferroviari che attualmente garantiscono un viaggio di andata e ritorno Londra-Parigi e uno Londra-Bruxelles-Amsterdam al giorno, di provocare il fallimento dell’entente cordiale tra il Regno Unito e la Francia, quell’“unione dello slancio francese e del pragmatismo britannico” di cui parlò la Regina Elisabetta II inaugurando l’Eurotunnel in compagnia di François Mitterrand il 6 maggio 1994. E invece, questa mattina, la compagnia transnazionale Eurostar ha annunciato un accordo di rifinanziamento pari a 250 milioni di sterline (290 milioni di euro) tra gli azionisti e le banche che consentirà di salvare in extremis il treno ad alta velocità che collega l’Europa alla Gran Bretagna, le cui entrate sono crollate del 95 per cento dallo scoppio della pandemia di Covid-19 (nel 2019 erano di 1,1 miliardi di euro). “L’accordo permetterà di assicurare il futuro della compagnia in un contesto di allentamento delle restrizioni sugli spostamenti e di una ripresa progressiva delle attività”, si legge nel comunicato pubblicato da Eurostar. “È una tappa importante per assicurare la sostenibilità di Eurostar e dei viaggi tra il continente e la Gran Bretagna”, ha dichiarato attraverso un comunicato l’ad di Sncf Voyageurs Christophe Fanichet. La Sncf, la società che gestisce le ferrovie francesi, detiene il 55 per cento della compagnia Eurostar, accanto alla Caisse de dépôt et placement du Québec (30 per cento), al fondo londinese Hermes Infrastructure (10 per cento) e alla società nazionale delle ferrovie del Belgio Sncb (5 per cento). La situazione ibrida dell’azionariato di Eurostar ha generato diversi problemi, in particolare nell’ultimo anno e mezzo, quando tra azionisti ci si è guardati in faccia per decidere chi doveva tirare fuori per primo il portafoglio per coprire gli enormi buchi finanziari provocati dal Covid-19. Per la City, da quando lo stato britannico ha ceduto la sua quota del 40 cento (nel 2015, per 757 milioni di sterline, pari a 850 milioni di euro), Eurostar è francese poiché la quota di maggioranza è della Sncf, e dunque il primo soccorso doveva arrivare da Parigi. La Francia, però, ha sempre risposto picche fino all’altro ieri, giustificando il rifiuto col fatto che Eurostar ha sede a Londra e dunque non rientrava tra le compagnie eleggibili ai prestiti garantiti dallo stato come Air France. Ma le querelle, per fortuna, sono state superate durante l’ultimo incontro tra azionisti e banche, e i finanziamenti consentiranno “di far fronte agli obblighi finanziari a breve e medio termine”, ha indicato la compagnia. “Il forte impegno finanziario degli azionisti con le banche è il fattore chiave che ci permetterà, nell’immediato futuro, di aumentare progressivamente l’attività”, ha commentato Jacques Damas, ad di Eurostar. La società aveva un impellente bisogno di soldi freschi entro fine maggio: le casse erano esangui a causa del taglio delle connessioni quotidiane dovuto alla crisi sanitaria.

 

Prima della pandemia, Eurostar offriva infatti tra i quindici e i diciotto viaggi giornalieri tra Parigi e Londra e una decina tra Londra-Bruxelles (tre dei quali erano appena stati estesi ad Amsterdam). A partire dal 27 maggio, grazie all’iniezione di liquidità, la compagnia passerà a due viaggi andata-ritorno quotidiani tra Gare du Nord e King’s Cross St. Pancras, poi a tre entro fine giugno, con la speranza di ritrovare il prima possibile i livelli pre pandemia. L’ad Damas ha dichiarato inoltre di voler intensificare gli scambi con i governi britannico e francese per attuare “un alleggerimento controllato delle restrizioni di viaggio e modalità fluide e sicure di controllo transfrontaliero”. L’altro obiettivo rivendicato è la fusione di Eurostar con la compagnia franco-belga Thalys (filiale al 60 per cento della Sncf e al 40 della Sncb), annunciata nell’autunno 2019 e auspicata per la fine del 2021. Anche Thalys ha subìto gli effetti della pandemia e per la prima volta nella sua storia cerca un finanziamento esterno. Secondo le parole di Alain Krakovicth, ad di Voyages Sncf, la fusione Eurostar-Thalys permetterebbe di “cercare delle sinergie” e in particolare di “svilupparsi nell’Europa del nord”.

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