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editoriali

La lotta giusta di Liz Cheney

Redazione

La bugia di Trump sulle elezioni rubate è “veleno nel sangue della democrazia”

L’ostinazione con cui Donald Trump e i suoi alleati continuano a ripetere che le elezioni di novembre sono state rubate, un furto commesso dai democratici, “è veleno nel sistema circolatorio della nostra democrazia”, ha detto lunedì Liz Cheney, numero tre del Partito repubblicano al Congresso americano, durante un incontro dell’American Enterprise Institute a Sea Island, in Georgia. “Non possiamo insabbiare quel che è accaduto il 6 gennaio (l’assalto al Campidoglio) né perpetuare la grande bugia di Trump. E’ una minaccia per la nostra democrazia. Quel che ha fatto il 6 gennaio è una linea che non può essere valicata”.  Le reazioni di molti esponenti del Partito repubblicano non si sono fatte attendere: il leader dei conservatori alla Camera, il deputato californiano Kevin McCarthy, sta organizzando per mercoledì prossimo un voto di sfiducia contro la Cheney – c’è già il nome della possibile sostituta: Elise Stefanik, giovane e trumpiana deputata repubblicana di New York.

 

Perché la Cheney insiste su questo punto e denuncia tutti quelli che hanno votato contro l’impeachement di Trump? Poiché non ha escluso una sua candidatura in futuro, la risposta immediata è: tornaconto personale, sta costruendosi il suo futuro in chiave anti trumpiana in un partito che si conta ogni secondo, chi sta con l’ex presidente e chi no. Ma le parole utilizzate dalla Cheney vanno al di là di uno scontro di leader e di potere, vanno al di là delle elezioni di metà mandato del prossimo anno cui tutti stanno già pensando, e vanno anche al di là delle lotte tra conservatori tradizionali e trumpiani. La Cheney parla di veleno, dice che la bugia di Trump danneggia l’anima del suo partito ma ancor più la democrazia americana. Non si tratta soltanto di tracciare nuove alleanze politiche, ma di impedire che “the big lie”, la grande bugia su cui si fonda la resistenza trumpiana, non attecchisca in un’America che sta riprovando ad avere fiducia nella sua democrazia.

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