Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo (Ansa)

tra gaffe e assenze

Michel riempie gli spazi geopolitici lasciati vuoti da von der Leyen

David Carretta

La presidente della Commissione europea sembra aver rinunciato alla politica estera. Così il presidente del Consiglio europeo negli ultimi mesi ha moltiplicato i viaggi e le iniziative diplomatiche

Nel luglio del 2019, poco dopo la sua nomina, Ursula von der Leyen aveva definito la sua Commissione come “geopolitica” per sottolineare la sua determinazione a diventare un protagonista sulla scena internazionale utilizzando tutti gli strumenti politici ed economici di un’Unione di 27 paesi e 450 milioni di abitanti. Eppure, 16 mesi dopo l’inizio del loro mandato, è il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, il leader delle istituzioni comunitarie che è più impegnato a dare una dimensione geopolitica all’Ue. Lungi dall’essere diventata protagonista a livello globale, von der Leyen sembra aver rinunciato alla politica estera, anche quando le crisi sono ai confini dell’Europa e la Commissione potrebbe esercitare la sua influenza.

 

In parte è colpa del Covid-19 che, tra crisi sanitaria, recessione economica e vaccini sta consumando le energie di von der Leyen e della sua squadra. Inoltre sono gli stati, spesso divisi, i veri detentori delle leve dell’Ue nel mondo. Ma, secondo alcuni diplomatici, c’è un vero problema von der Leyen. Ex ministro della Difesa in Germania, la presidente della Commissione si è fatta notare per gaffe e assenze. Il vuoto è stato in parte riempito da Michel. Ultimo caso in ordine di tempo, il successo diplomatico del presidente del Consiglio europeo in Georgia, dove questa settimana ha convinto i partiti di governo e opposizione a porre fine a una crisi politica che avrebbe destabilizzato ulteriormente questo paese del Caucaso che aspira all’Europa ma rischia di essere preda della Russia. L’episodio internazionale più imbarazzante per von der Leyen non riguarda il “Sofa gate” (lo scandalo della sedia negata durante l’incontro con Recep Tayyip Erdogan), ma l’Ucraina. Il capo di gabinetto di von der Leyen, Björn Seibert, ha provocato una mezza crisi diplomatica quando a inizio aprile ha risposto di suo pugno a un invito del presidente Volodymyr Zelensky per partecipare ad agosto a un summit sulla Crimea e all’anniversario dell’indipendenza.

 

Al di là del protocollo (è la presidente, non un capo di gabinetto, a rispondere a un presidente), il “non potrò venire, grazie per la comprensione” nel momento in cui l’Ucraina è minacciata dalla Russia è stato letto da molti come un messaggio politico. A correre ai ripari è stato Michel, che ha chiamato Zelensky per esprimere sostegno di fronte alle minacce russe e assicurare la sua presenza il 23 agosto. Il rifiuto di von der Leyen ha creato un problema a Zelensky, che in agosto a Kiev avrebbe voluto organizzare anche il vertice annuale Ue-Ucraina. Von der Leyen era già stata assente dal precedente vertice Ue-Ucraina del 6 ottobre scorso. L’Etiopia è un altro esempio di come von der Leyen ha abdicato a un potenziale ruolo geopolitico. Nel dicembre 2019, appena entrata in carica, era volata ad Addis Abeba, dove ha sede l’Unione africana, per annunciare una “partnership tra pari” con l’Ue. Il primo ministro etiope, Abiy Ahmed, aveva appena ricevuto il Premio Nobel per la Pace per aver posto fine alla guerra con l’Eritrea. La visita era un’ottima opportunità per la presidente della Commissione per mostrarsi con un leader africano con forti credenziali riformatrici. Ma quando è scoppiata la guerra nel Tigray, von der Leyen ha lasciato il dossier all’Alto rappresentante, Josep Borrell.

 

Quanto al “Sofa gate” di Ankara che ha creato tanto scalpore, la scorsa estate von der Leyen è rimasta praticamente silenziosa nel momento in cui Erdogan andava avanti con le esplorazioni nel Mediterraneo orientale ai danni di Cipro e Grecia. Era stato Michel a negoziare con il presidente turco e proporre un’agenda positiva una de-escalation, compresa una conferenza sul Mediterraneo orientale per risolvere le contese territoriali. Egitto, Libia, Ruanda, Kenya, Caucaso: nonostante le complicazioni del Covid-19, in questi mesi Michel ha moltiplicato i viaggi e le iniziative diplomatiche. Il presidente del Consiglio europeo ha anche lanciato la proposta di un trattato internazionale sulle pandemie, ma von der Leyen non ha voluto firmare un appello di capi di stato e di governo per sostenerlo. Definire geopolitica la Commissione “è stato un errore grossolano: è l’Ue che deve essere geopolitica”, spiega al Foglio un diplomatico. Michel cerca di “convincere gli stati membri” e “organizzarli attorno a progetti concreti”. Nel frattempo, come ha rivelato Politico, von der Leyen non trova il tempo di ricevere gli ambasciatori di paesi terzi alleati, come Giappone e Canada, per permettere loro di presentare le credenziali ed entrare pienamente in carica.