Péter Gulácsi (LaPresse)

editoriali

Un calcio alla diplomazia di Budapest

Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó convoca l’ambasciatore tedesco. C’entra la libertà di parola

L’allenatore di una squadra di calcio tedesca, l’Hertha Bsc, è stato licenziato per aver fatto commenti non conformi alla politica del club, per il quale la tolleranza e l’inclusività sono valori importanti. Il coach si chiama Zsolt Petry, era l’addetto all’allenamento dei portieri e in un’intervista al Magyar Nemzet si era espresso contro un calciatore, Péter Gulácsi, che in un post su Facebook aveva detto di essere a favore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. La decisione del club, che ha agito in conformità al suo codice interno, si è trasformata in un caso diplomatico.

 

Il ministro degli Esteri di Budapest, Péter Szijjártó, ha prima chiesto alla vicepresidente della Commissione, Vera Jourová, di intervenire in quello che il ministro definisce un caso palesemente ingiusto, poi ha chiesto di prendere dei provvedimenti contro la stessa Jourová e altri funzionari europei perché sono sempre pronti a incriminare l’Ungheria, ma mai a prendere le sue difese. E infine, ha convocato l’ambasciatore tedesco a Budapest perché, secondo lui, il licenziamento dell’allenatore è una limitazione della libertà di parola che oltraggia l’Ungheria.

 

Il partito del premier Viktor Orbán e del ministro Szijjártó, Fidesz, da anni sta cancellando la libertà di stampa nel paese, l’ultimo esempio lo abbiamo visto pochi mesi fa con l’emittente Klub Rádió. Il governo ha mandato via da Budapest una prestigiosa università, la Central European University, soltanto perché fondata dal miliardario George Soros.  

 

In Ungheria esprimere un’idea diversa in pubblico è sempre meno consueto e sicuramente non incentivato. E’ una nazione che si comporta come un club privato, nelle mani di un partito che stravolge i diritti e i valori secondo i suoi princìpi, dove anziché essere chiesta tolleranza viene preteso il suo contrario, dove il pluralismo non esiste più. Preoccupandosi tanto del licenziamento, Szijjártó non solo ha dimostrato di non capire il significato di “libertà di parola”, ma anche  di non capire bene la distinzione tra uno stato democratico e un club di calcio.