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editoriali

La Cina contro le magliette di H&M

redazione

Il boicottaggio dopo le sanzioni Ue. Ma l’ananas di Taiwan ci insegna una cosa

Le sanzioni dell’Unione europea contro la Cina, accusata di violare i diritti umani delle minoranze nello Xinjiang, hanno provocato la reazione dei cinesi e un moto di nazionalismo fomentato dalla propaganda di Pechino. A farne le spese, come spesso succede, sono le aziende europee che fanno affari in Cina. Qualche giorno fa Zichen Wang, giornalista cinese di Xinhua molto attento alle questioni europee, ha scritto su Twitter che a giudicare dalla situazione, le aziende americane ed europee “che fanno affidamento sul mercato di massa cinese e non hanno uffici di pubbliche relazioni competenti, che capiscano le dinamiche di entrambi i contesti, stanno andando alla cieca”. Il mercato cinese è infatti uno dei più influenzabili dalle questioni politiche internazionali, e il boicottaggio economico è una delle prime e immediate risposte che di solito Pechino lancia contro il paese con cui c’è attrito.

Il più colpito in questi giorni è il colosso svedese dell’abbigliamento H&M, che già un anno fa aveva lanciato una campagna contro il lavoro forzato e aveva deciso di non utilizzare più il cotone proveniente dello Xinjiang. Dalla regione arriva il 20 per cento del fabbisogno di cotone globale, ma molta della produzione, secondo diverse analisi, viene dal lavoro delle minoranze perseguitate.  Sulle piattaforme di acquisti online cinesi sarebbero irraggiungibili i prodotti H&M. L’attore Huang Xuan e la cantante Victoria Song, un tempo testimonial H&M in Cina, hanno dichiarato di non avere più niente a che fare con l’azienda che “diffonde falsità sulla Cina e sui diritti umani”. Il colosso europeo di abbigliamento, ma anche altre aziende europee che operano in Cina, sono in un momento molto pericoloso. Eppure ai boicottaggi cinesi si può sopravvivere: un mese fa Pechino ha bloccato le importazioni di ananas da Taiwan, che invece di piegarsi ha chiesto ai cittadini e ai paesi “amici” di acquistarne di più. Ora l’export di ananas di Taiwan è addirittura aumentato. Contrastare il bullismo di Pechino è possibile, l’importante è restare uniti.

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