L'erdoganista dentro di noi

Daniele Raineri

I governi sovranisti in Europa la pensano come la Turchia sulla Convenzione di Istanbul

La Turchia si è ritirata dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne perché teme che “sarà manipolata per normalizzare l’omosessualità” e questa notizia ha creato molto scandalo in Europa e un’ondata di proteste in Turchia. In molti leggono il ritiro come l’ennesima conferma dell’involuzione autoritaria e verso l’islamismo della Turchia, per un disegno deliberato del suo presidente Recep Tayyip Erdogan. Ma c’è un punto interessante. Alcuni paesi europei, non islamici, rifiutano la Convenzione contro la violenza sulle donne e lo fanno anche loro per motivi di incompatibilità culturale – che è la stessa ragione citata dalla Turchia. Sono Bulgaria, Ungheria, Repubblica ceca, Lettonia, Lituania e Slovacchia. Anche il Regno Unito ha firmato e per ora non ha ratificato la Convenzione, perché – sostiene – non è ancora in grado di rispettarla, ma vuole farlo al più presto. Negli altri casi invece c’è opposizione ideologica. C’è un pezzo d’Europa che tratta la Convenzione come se fosse un corpo estraneo. L’Ungheria di Viktor Orbán dieci mesi fa l’ha respinta perché l’approccio del trattato “è contrario all’ordine legale e alle convinzioni del governo”, come ha detto il governo stesso in una dichiarazione al Parlamento prima del voto. Per l’area sovranista l’Ungheria è un punto di riferimento nel campo delle idee e la Turchia è invece un pericolo, ma è difficile non notare che Ungheria e Turchia si comportano nello stesso modo.

 

La Polonia si prepara a uscire anche lei dalla Convenzione e nel frattempo lavora a una propria versione del trattato che escluderà il rischio di aprire le porte a matrimoni gay e aborto, come dice una lettera che il ministro della Giustizia polacco ha spedito nel 2020 ad altri quattro paesi europei – Croazia, Repubblica ceca, Slovacchia e Slovenia – per convincerli ad aderire all’alternativa polacca. La proposta della Polonia agli altri stati europei si basa sull’assunto che una Convenzione firmata in Turchia nel 2011 con la Turchia come prima firmataria è troppo liberale e dovrebbe essere cestinata a favore di una Convenzione meno permissiva. La questione, come si vede, è più ampia di quello che succede a Istanbul e Ankara e ci riguarda. In Lituania il presidente Gitanas Nauseda all’inizio di marzo ha dichiarato di essere molto deluso di come sta andando la discussione sulla Convenzione nel proprio paese, perché è diventata una questione tossica che fa litigare moltissimo i partiti. La Lettonia ha dichiarato di non essere ancora pronta alla ratifica – anche perché come dice un politico locale se un marito russo schiaffeggia una moglie lettone è violenza domestica, se un marito lettone schiaffeggia una moglie russa c’è l’aggravante della violenza contro una minoranza. 

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)