Trump comincia a sparire

Daniele Raineri

Senza social e senza un piano, l'ex presidente perde rilevanza e lo dicono milioni di clic in meno

Per la prima volta da anni la rilevanza dell’ex presidente americano Donald Trump sui social comincia a sparire e questo è un fatto importante per chi deve prendere le decisioni dentro al Partito repubblicano. Si pensava che Trump avrebbe mantenuto una presa fortissima sui suoi elettori per i prossimi quattro anni – era una delle ipotesi sul futuro dell’America – e che il Partito repubblicano sarebbe stato sempre di più il partito di Trump. Ma se la sua presenza comincia a dissolversi in meno di due mesi allora non è chiaro se sarà davvero così. 

SocialFlow è un’azienda americana che ha creato l’indice Trump, un sistema di rilevazione che tenta di misurare quanto è rilevante l’ex presidente americano. I suoi tecnici analizzano quaranta milioni di post sui social media all’anno e vedono quanti clic ricevono gli articoli che parlano di Trump sui social – “che parlano di Trump” vuol dire che hanno la parola Trump nel titolo oppure nel testo del post. Contano la media giornaliera dei clic nel corso di un anno, per convenzione stabiliscono che quel numero vale 50 sulla scala dell’indice Trump e poi osservano come sale e scende il livello di attenzione. Il sei gennaio, il giorno dell’attacco al Campidoglio, l’indice ha toccato cento. Nelle ultime tre settimane invece l’indice Trump che non era quasi mai andato sotto cinquanta è sceso a venti, come nota il sito Axios. Mercoledì, ultimo giorno di rilevazione disponibile, era a dodici su cento. Si tratta, è ovvio, soltanto di una scala di misurazione generica (per assurdo tutti i post sui social potrebbero essere contro Trump e l’indice rileverebbe lo stesso molta attenzione per l’ex presidente) ma è un dato interessante, con due spiegazioni possibili. La prima è che Trump è stato cacciato da Twitter e da Facebook perché continuava ad aizzare la violenza e a sostenere di essere il vincitore delle elezioni americane, non ha ancora scelto se usare altre piattaforme meno controllate come Telegram o Gab e le conseguenze di questa assenza si fanno sentire. Il deplatforming funziona, soprattutto nel suo caso – perché non è una generica entità proibita che può rispuntare altrove, ha un’identità fortissima.

 

La seconda spiegazione è che neanche Trump ha chiaro che cosa fare nella fase post sconfitta e questa incertezza comincia a intaccare la sua capacità di creare attenzione. Quattro giorni fa il sito Politico titolava: “Trump avrebbe dovuto essere un Godzilla politico in esilio. Invece è alla deriva”. Si pensava che avrebbe lanciato un impero tv tutto suo, ma è un’impresa costosa e non ha tutto questo denaro specie se si conta che dovrà affrontare una sequenza di problemi giudiziari. Per ora non ha in testa di creare un terzo partito e invece litiga con i repubblicani per i diritti di sfruttamento della sua immagine. Chi gli sta vicino dice a Politico che “non c’è apparato, non c’è struttura, non c’è nulla” e così è difficile fare qualcosa di concreto. Trump cambierebbe di continuo idea e questo andava bene quando ancora aveva i poteri da presidente, ma adesso senza un minimo di visione a lungo termine rischia di perdere i denti. A volte vorrebbe scagliare il suo movimento Maga (Make America Great Again) contro i repubblicani, a volte vorrebbe prenderne il comando di nuovo. Un tempo un suo tweet poteva affossare una candidatura politica dentro il partito, non è chiaro per quanto ancora conserverà questa forza. 
 
 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)