Troppi migranti al confine sud, Biden darà le scorte di AstraZeneca al Messico in cambio di aiuto

Daniele Raineri

In due mesi il sistema di accoglienza e controlli al confine sud è entrato in crisi, il presidente americano è sotto pressione per il confronto con il predecessore Trump

E’ la stessa Amministrazione Biden a dire che se continua a questo ritmo il numero di arrivi di migranti al confine sud degli Stati Uniti nel 2021 sarà il più alto degli ultimi vent’anni. E questo mette il presidente in una posizione difficile, perché il meccanismo sembra ovvio: quando c’era Trump arrivavano meno migranti, ora che c’è Joe Biden il flusso è aumentato e il sistema d’accoglienza è in crisi e non sono passati nemmeno due mesi. Lui ha fatto un appello pubblico, “non venite, vi chiedo di non lasciare le vostre città e i vostri paesi” e martedì durante un’intervista alla rete Abc ha detto: “La gente pensa che arrivino perché io sono un tipo gentile. Non è così. Arrivano per colpa delle circostanze” che li affliggono.

 

In effetti l’ultimo picco di arrivi al confine – il più alto dal 2007 – risale al giugno 2019, quando alla Casa Bianca c’era Trump e questo fa pensare che la politica americana c’entri fino a un certo punto. Due terzi dei migranti provengono da paesi come Guatemala e Honduras, dove povertà e violenza sono aggravate dalla siccità, e la loro proporzione sta aumentando contro quella dei messicani che invece stanno diminuendo. Ma l'Amministrazione Biden è sotto pressione per tre decisioni, quando si parla del dossier immigrazione.

 

La prima è stata quella di lasciare entrare i minori non accompagnati. Le misure anti-pandemia, in particolare il Titolo 42, permettono alle guardie di frontiera americana di respingere i migranti ma il presidente democratico ha creato un’esenzione: i minori non accompagnati possono entrare negli Stati Uniti. Il risultato è che in queste settimane l’arrivo di minori è molto aumentato, in alcuni casi perché le famiglie li accompagnano fino al confine e poi li lasciano andare, con la speranza che almeno loro si costruiscano un futuro negli Stati Uniti. Le guardie di frontiera possono trattenere i minori al massimo per 72 ore prima di passarli all’organizzazione per i rifugiati che deve trovare loro una sistemazione in posti decenti fino a quando il loro caso non sarà sentito in tribunale, ma l’arrivo in massa ha fatto andare in tilt la procedura. I minori passano molto più di 72 ore  in posti sovraffollati, dormono per terra, non hanno coperte, non fanno la doccia per molti giorni. Due settimane fa erano 3.200 e il 14 marzo erano già diventati 13 mila.

 

La seconda decisione (inevitabile) è stata quella di usare le stesse strutture già usate durante l’Amministrazione Trump – e allora cosa è cambiato rispetto a prima, è la domanda polemica? Il governo sta per trasferire tremila minori dentro il centro congresso di Dallas, e forse altri in una base militare in Virginia e in una base della Nasa in California e ha fatto intervenire la Fema, la Protezione civile, per migliorare le condizioni di quelli in attesa, ma gli avvocati che hanno la facoltà di entrare nei centri dicono che le condizioni non sono buone, sono posti sovraffollati, insomma è una quasi emergenza – ed è anche musica per le orecchie dei repubblicani.

 

La terza decisione è stata – finora – quella di non fare visitare i centri ai giornalisti, cosa che invece succedeva durante il mandato di Trump e questo fa montare le accuse di voler coprire la situazione. Ieri il Washington Post ha scritto che l’Amministrazione Biden ha deciso di chiedere la collaborazione del Messico per frenare gli arrivi e prendere un po’ dei respinti in cambio di dosi di vaccino Astrazeneca – gli Stati Uniti ne hanno cinquanta milioni di dosi, ma sono inutilizzate perché quel vaccino non è stato ancora approvato dalla Fda e perché il governo punta su altri vaccini.

Di più su questi argomenti:
  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)