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Il grande spettacolo della noia democratica

Giuliano Ferrara

Le corna del vichingo ci ricordano che contro la prospettiva della democrazia illiberale ancora non c’è la lingua di fuoco

Biden nella bufera fu preciso, misurato, ma noioso. Come uno scaldabagno, ha fulminato un twittarolo. Quel delinquente di Trump era fantastico, emozionante, misterioso nell’assenza dopo il comizio di istigazione, guardava in televisione alla Casa Bianca quel tizio con le corna da Vichingo che lo rappresentava, osannava, mitizzava, e si preparava a dichiarare con tono garibaldino, mentre i suoi dissacravano e sporcavano il tempio: “Questo è quello che succede quando si derubano i patrioti di una elezione”. Poi, dimostrato che c’era popolo infuriato e intento a salvare l’America con l’aggressione al simbolo delle libertà americane, il turpe, divertente paranoico si rassegnava, si fa per dire, a proclamare che la transizione dei poteri sarebbe stata regolare e pacifica. Ineffabile. Anche meraviglioso, se vogliamo. Dallo scaldabagno al teatro di proscenio elisabettiano, con in più una spruzzata di Mel Brooks.
       

Il Vichingo impellicciato è pieno di peli che si intravedono sotto il peso di un collare barbarico, ha una chiostra di denti forti e bianchissimi, la sua postura è l’urlo. L’establishment è lugubremente glabro, supremamente unsexy, la sua postura è il sussurro procedurale o una maestosa declamazione di antichi valori. La violenza è rapinosa, sinonimo della vita, la compostezza istituzionale è snervante, sinonimo di depressione. E’ la differenza tra la pratica del vizio e il catalogo delle virtù, solo gli ipocriti prediligono il secondo, che però è necessario alla vita civile e a tante bellurie importanti di cui è ricolmo il nostro cuore, alleato dell’intelligenza.
       

Trump voleva essere Berlusconi, ma è solo il Caimano di Moretti, uno che lascia alle sue spalle un incubo di distruzione e incendi, l’opposto del Cav. che ha mollato l’osso stringendo un patto con Bersani per evitare le elezioni anticipate e lasciare il passo a Monti che lo chiamava più o meno “il mio venerato predecessore”, come si fa tra papi, e poi ha dato un po’ di biada da ruminare a bannonini e bannonine italiani che hanno gridato al golpe. Salvini voleva essere un trumpino, ma la sua misura era ovviamente la commedia all’Italiana, l’invocazione “in galera”, la richiesta di pieni poteri al profumo di Mojito su una spiaggia romagnola. Per il teatro elisabettiano aspetteremo ancora un po’. Tuttavia anche allora, ve lo ricorderete, alcuni di noi sentivano e soffrivano la differenza tra gli elencatori di regole e principi e valori e i branditori di rosario a sbafo, tra i glabri omarini dell’istituzionalità e i predecessori del Vichingo a Pontida, i vari Borghezio e compagnia cornuta. Invocavamo ingenuamente una lingua di fuoco a difesa della democrazia, contro la prospettiva della democrazia illiberale e truce. Bè, non c’è. C’era all’epoca delle guerre, quando democrazia e libertà facevano rima con nazione e popolo declinati come concetti politici puri, non come risorse di terra e di carne e di sangue. Poi non più. Per il canto omerico della globalizzazione e delle unioni mercantili, anche qui aspetteremo alcun tempo.
       

E’ una circostanza che va accettata. I miliziani con lo zainetto e l’Ak-47, i vagabondi della Rotunda del Campidoglio fasciati di bandiere e slogan, gli squadristi e militi della violenza populista, gli hillbilly e i vari redneck sono l’autentico e il temerario, sono la favola e lo struggimento, con tutte le loro teorie della congiura e i loro negazionismi, certo sono grotteschi, fanno piangere e anche ridere, ma superano di slancio in fantasia la pruderie dei suburbia, la bella coscienza della gente perbene, il cittadino medio presentabile e devoto alla legge, che ha orrore di Trump.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.