Il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz (LaPresse)

I socialdemocratici tedeschi guardano a sinistra con l'uomo più di centro che c'è

Daniel Mosseri

L'Spd fa una scelta ponderata e propone come candidato cancelliere il moderato Olaf Scholz, ministro delle Finanze reso ancora più popolare dalla risposta economica alla pandemia 

Berlino. Un’intervista al primo canale della tv pubblica di domenica, seguita da un annuncio via Twitter di lunedì. Con un’accorta coreografia estiva il partito socialdemocratico tedesco (Spd) ha illustrato il proprio piano per il dopo-Merkel. Domenica la copresidente del partito Saskia Esken aveva spiegato al canale Ard che in futuro la Spd vorrebbe formare un governo senza i cristiano democratici per aprire invece ai Verdi e ai socialcomunisti della Linke. Esken è stata umile e realista e ha immaginato che la Spd possa essere junior partner anche nel nuovo assetto di governo. Sondaggi alla mano, il partito viaggia fra il 14 e il 15 per cento mentre i Verdi partono da un più solido 18 per cento dei consensi. Caduto una volta per tutte il tabù di un’alleanza spostata a sinistra – e già sperimentata peraltro nei Länder Berlino, Brema, Turingia e Sassonia-Anhalt – il giorno dopo il partito ha scelto Olaf Scholz come candidato cancelliere. Così, l’attuale ministro delle Finanze e numero due del governo di Grande coalizione è diventato l’uomo di punta, lo Spitzenkandidat, della Spd. Una nomina che non mancherà di sorprendere alcuni, ha riconosciuto per prima Esken, rivelandosi accorta manovratrice politica. La copresidente proviene dall’ala sinistra della Spd: appena otto mesi fa Esken e il suo compagno di ticket Norbert Walter-Borjans (detto Nowabo) avevano vinto la corsa per la guida della Spd proprio contro il più centrista Scholz. Rimettendolo in sella per l’allungo verso la cancelleria, Esken e Nowabo si dimostrano campioni dell’unità socialdemocratica. E pur ansiosi di divorziare dalla Cdu, puntano sul dirigente che lavora più a stretto contatto con Angela Merkel.

 

Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans, al centro Olaf Scholz (LaPresse)

 

Dalla sua Scholz gode di popolarità bipartisan complice la crisi del coronavirus: se prima della pandemia era calato nel ruolo di successore di Wolfgang Schäuble, per il quale il pareggio di bilancio era un dogma, il Covid-19 ha dato al ministro delle Finanze della Spd la possibilità di eseguire quelle politiche di spesa a lungo invocate dall’ala sinistra dei socialdemocratici. Un’ala che si è anche ricordata di quando, nella sua Amburgo, il borgomastro Scholz si era fatto campione di programmi per l’edilizia sociale.

 

 

A quello dell’unità, la sua candidatura unisce il pregio della celerità: a oltre un anno dalle elezioni la Spd sa già su chi puntare mentre la Cdu è ancora in alto mare. Parlando al Foglio, un alto dirigente socialdemocratico osserva che “il partito di Merkel non ha idea di chi sarà il suo prossimo leader [lo deciderà il prossimo congresso a dicembre, ndr] né, tantomeno, chi sarà il suo Spitzenkandidat”. Dopo la scottatura ricavata con Martin Schulz, sconfitto pesantemente nel 2017 da una Merkel pure in calo, questa volta i socialdemocratici non vogliono sorprese. L’altro vantaggio è che il partito potrà confezionare un programma fatto su misura per Scholz, che a sua volta avrà il tempo di dire la sua. Così non era successo né con Frank-Walter Steinmeier né con Peer Steinbrück, sconfitti da Merkel rispettivamente nel 2009 e 2013. Dopo anni di tira-e-molla su tutto, con Scholz la Spd si è mossa con discernimento, puntando su un politico esperto (era ministro del Lavoro già sotto Gerhard Schröder nel 2002) e in crescita di popolarità: l’apertura dei cordoni della borsa lo sta poi aiutando a scrollarsi di dosso la fama di burocrate freddo e di manica stretta.

 

Con una strategia di “democratizzazione della politica”, la Spd apre infine ai cugini della Linke senza tuttavia concedere nulla sul piano della politica estera, il dossier dove più si notano le differenze fra una formazione europeista e atlantica e una Linke ancora allergica alla Nato e all’occidente. Certo, mettere in corsa un candidato di pregio con tanto anticipo sulle elezioni (autunno 2021) potrebbe sfiancarlo. Da oggi Scholz sarà obbligato a prendere posizione su mille e più questioni mentre gli altri leader di partito saranno liberi per ancora molti mesi. Il tempismo è invece azzeccato: il ruolo dei falchi della Linke, Sahra Wagenkneckt e suo marito Oskar Lafontaine, è in declino. L’occasione è dunque ghiotta per la Spd per portare i socialcomunisti su posizioni che piacciano a tutti. In Turingia la Linke del governatore Bodo Ramelow ha fatto bene ma a Berlino, dove peraltro il borgomastro è targato Spd, i rosso-rosso-verdi hanno prodotto misure per esempio sugli affitti che hanno fatto storcere il naso al resto della Germania. E Scholz ha bisogno di tempo per sdoganare la Linke in tutto il paese.

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