Il presidente Emmanuel Macron e, alle sue spalle, il premier Jean Castex (foto LaPresse)

Castex e il macronismo nelle campagne

Mauro Zanon

Il nuovo premier francese accompagnerà il pensiero di Macron fuori da Parigi, nella Francia rurale così inaccessibile. La sfida dell’ultima parte del quinquennio

Parigi. Si è definito “un uomo dei territori” Jean Castex, il nuovo capo del governo francese, chiamato mercoledì pomeriggio a tenere il suo primo discorso di politica generale all’Assemblea nazionale. Sono un “maire de terrain” da dodici anni, ha sottolineato, un sindaco di campagna, di un comune di 6 mila anime, Prades, nei Pirenei-Orientali, che conosce la Francia profonda, quella che si è sentita dimenticata da Macron e glielo ha fatto capire, punendo la République en marche (Lrem), alle ultime elezioni amministrative. Scelto a sorpresa dal capo dello stato per guidare il cosiddetto “governo dei 600 giorni”, che dovrà portare a termine diversi cantieri importanti, Castex è passato oltre il suo percorso di tecnocrate e di allievo dell’Ena, che molti commentatori politici gli hanno fatto pesare – ecco, è la solita “enarchia”, hanno scritto –, presentandosi come un uomo all’ascolto della “Francia silenziosa”, quella del “buon senso”.

 

“Dobbiamo ascoltarla di più e tenerla maggiormente in considerazione”, ha spiegato il primo ministro, che ha pronunciato a più riprese il termine “confiance”, fiducia. Dalla constatazione delle fratture francesi all’urgenza di ridurle, c’è molto Christophe Guilluy nel discorso del capo dell’esecutivo, il geografo che nei suoi libri ha analizzato con grande lucidità il clivage crescente tra metropoli e campagne, tra la Francia metropolitana e la Francia periferica. La missione che Macron ha conferito a Castex è quella di riconciliare le pluralità della Francia, le varie anime del paese. “Dobbiamo riarmare i territori”, ha affermato il premier, e per riarmare si intende più decentralizzazioni, più responsabilità alle collettività locali.

 

Da ministro per il “Déconfinement” durante il picco della crisi del coronavirus, ha lanciato l’idea di un deconfinamento differenziato secondo i territori, idea che si è rivelata efficace nella gestione dell’emergenza. Ora vorrebbe continuare su questa scia, delegando maggiormente a livello dipartimentale e rompendo l’immagine di uno stato centralizzatore. Il discorso pronunciato mercoledì ha confermato che Castex non sarà un semplice collaboratore del presidente della Repubblica, un funzionario all’ombra del capo dello stato, bensì “la cinghia di trasmissione tra la base e il vertice”, come ha scritto il Monde nel suo editoriale di ieri, colui che avrà il compito di riparare e rafforzare i legami con gli attori della politica e della società locali. E al più presto.

 

“Emmanuel Macron ha preso coscienza della necessità di avere un primo ministro che dia la sveglia a tutti”, ha detto al Figaro un membro del governo. Irritato per i continui blocchi e le lentezze del sistema francese che, secondo lui, hanno rallentato il treno delle riforme, Macron vuole riprendere le redini del suo quinquennio. Ed è convinto che Castex sia l’uomo giusto per dare la scossa, oltre che la scelta migliore per neutralizzare i concorrenti di destra in ottica 2022. Nel 2017, l’allora candidato di En Marche! aveva conquistato l’Eliseo giocando la carta della start-up nation. Oggi, con la nomina di Castex, gioca la carta della ruralità.

 

“Nel 2017, il presidente è stato eletto da una Francia écolo-bobo. Questo elettorato scivola ormai verso gli ecologisti, dunque Macron si sposta verso la Francia rurale, dei territori. Non c’è solo un divario tra la sinistra e la destra, ma anche tra la città e la campagna”, osserva un habitué del palazzo presidenziale. Per alcuni osservatori, il fatto che il nuovo duo di governo si conosca da appena quattro mesi comporta parecchi rischi per Macron. Per altri, l’addizione di due profili così dissimili è invece una strategia vincente. “Castex è un vero tipo di provincia, diretto, iperconcreto, maturo. È più diverso da Emmanuel Macron di quanto non lo fosse Édouard Philippe. E a Emmanuel piace chi non gli assomiglia”, ha detto al Figaro un macronista storico, che ha fatto la campagna presidenziale del 2017. A Matignon, ora, c’è un politico con un ottimo curriculum, ma anche un uomo che parla la lingua del terroir, uno che sa dialogare con i dipartimenti e non ha paura di criticare apertamente lo stato centralizzatore. Nel suo discorso, il neo premier ha ripetuto molte volte il termine “proximité”, perché è dal basso, dal locale che bisogna ripartire, dopo la batosta delle elezioni municipali. Irrigare le campagne di macronismo: è questa la grande sfida di Jean Castex, passato in quatto mesi da alto funzionario sconosciuto al grande pubblico a secondo uomo più importante di Francia.   

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