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Una rissa per le mascherine

Luciana Grosso

Tra le mille conseguenze dell'ideologizzazione dei dispositivi di protezione negli Stati Uniti non c'è solo l’aumento verticale dei casi di contagio, ma anche la difficoltà quotidiana di migliaia di commessi, camerieri e baristi

In un mondo in cui uno più uno faccia ancora due la faccenda sarebbe semplice: c’è in giro una malattia, molto grave e molto contagiosa, che si trasmette attraverso le gocce di Flugge (ossia le microgoccioline che emettiamo quando tossiamo, starnutiamo, parliamo) e dunque, per limitarne la circolazione occorre indossare una mascherina. Semplice, facile, dritto. Invece, siccome viviamo in un mondo in cui uno più uno, invece che due, fa “pizza alla Bismarck”, succede che indossare la mascherina sia un’opzione, a cui scegliere se aderire o meno. Una faccenda di identità e di opinioni invece che di salute pubblica.

 

In pratica (semplifichiamo e tagliamo con l’accetta, ma nemmeno poi molto) se sei di sinistra e flirti con le élite malvagie, indossi la mascherina, se invece sei di destra, no: primo perché a te non la si fa e quindi tutta questa montatura del CoVid non te la bevi; secondo perché sei un tipo che non deve chiedere mai e comunque hai il fisico per resistere a qualunque malattia, anche a una che ne uccide a mazzi;  terzo perché comunque, a te nessuno può dire cosa fare. 

 

Succede in Italia, ai comizi di Salvini e Meloni, succede in Brasile, dove Jair Bolsonaro, positivo al CoVid, rifiuta di indossare la mascherina dicendo che è “una roba da froci”, succede negli Stati Uniti, dove indossare o non indossare la mascherina è, di fatto, una dichiarazione di voto e, in linea di massima, chi vota per Donald Trump non la mette, chi vota per Joe Biden, sì. Ad alimentare questa divisione manichea del mondo è stato Donald Trump che, sino allo scorso primo luglio, ha sempre detto di non avere intenzione di indossare nessuna maschera e che, qualche settimana fa, ha bisticciato con un giornalista Reuters reo di indossarne una.

 

Tra le mille conseguenze di questa ideologizzazione di quello che, in fin dei conti, altro non è che un pezzo di stoffa appeso alle orecchie che serve a limitare le possibilità di prendere o trasmettere il CoVid, c’è non solo l’aumento verticale dei casi di malattia in America, ma anche la difficoltà, quotidiana, della vita di migliaia di commessi, camerieri, baristi. 

 

(Fonte NPR)

 

La loro posizione, scomoda e difficile, ma soprattutto surreale, la racconta il Washington Post, che ha raccolto testimonianze di lavoratori al dettaglio da tutto il Paese. In pratica, spiega il giornale, in assenza di leggi federali e nella confusione delle leggi statali (anche queste influenzate dal colore e dalle opinioni dei singoli governatori) i lavoratori, dai cassieri dei supermercati ai commessi di Starbucks, si trovano non solo a dover entrare in contatto con migliaia di persone ogni giorno, ma anche a dover imporre ai loro clienti di indossarne una.

Le risposte che ricevono sono spesso di vibrante e indignato rifiuto, carico di orgoglio trumpiano. Risposte che trascendono e travalicano la mera questione sanitaria e la elementarità della regola “c’è il cartello che dice di mettere la mascherina, quindi metti la mascherina”, ma sfociano in assai più spinose questioni identitarie e politiche.

 

“Nelle ultime settimane – scrive Washington Post – i lavoratori al dettaglio sono stati presi a pugni in faccia, hanno rimediato ossa rotte e sono stati persino uccisi, come successo a un vigilantes in un negozio Family Dollar nel Michigan”.

Così al danno sanitario del CoVid si aggiunge, come ormai dai sei mesi a questa parte, la beffa della discrezionalità di atteggiamenti e cure. E allo sconquasso provocato dalla malattia, si somma quello della fine della verità, delle opinioni che valgono tutte, anche quando sono campate per aria. E il conto, alla fine, del CoVid come delle frottole spacciate per punti di vista, lo pagano sempre quelli che siedono in prima linea, siano infermieri o camerieri in un fast food. Con una differenza: al CoVid, prima o poi, è certo si troverà una cura o un vaccino. Non è detto si trovi anche per il caos politico di questi ultimi anni.

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