27 gennaio 2020, Boris Johnson in visita al Dipartimento di matematica della King's Maths School (foto LaPresse)

conversazioni britanniche

Perché la crisi delle università inglesi colpirà gli atenei meno rinomati

Gregorio Sorgi

Molti ragazzi stranieri che sognano di studiare in Gran Bretagna non sanno cosa li aspetterà alla ripresa dell’anno accademico

Londra. Molti ragazzi stranieri che sognano di studiare in Gran Bretagna non sanno cosa li aspetterà alla ripresa dell’anno accademico. Molti studenti ci stanno pensando due volte prima di trasferirsi in Gran Bretagna per fare lezione da remoto – alcuni hanno cambiato i loro programmi di studio, altri sono incerti sul da farsi – e questa incertezza mette sotto pressione il sistema universitario britannico. Gli atenei nel Regno Unito prosperano grazie agli studenti internazionali, che pagano una retta più alta rispetto ai loro colleghi britannici ed europei. Tuttavia, il Covid ha reso le università meno attraenti per i ragazzi di tutto il mondo, specialmente quelli provenienti dall’Asia, che non sono disposti a pagare decine di migliaia di sterline all’anno per fare lezione davanti a uno schermo. I rettori insistono che l’esperienza universitaria resterà la stessa, ma risultano poco convincenti.

 

Il British Council, l’organo che promuove la cultura britannica nel resto del mondo, stima che nell’anno accademico 2020/2021 ci saranno 14 mila asiatici in meno nelle università britanniche – un grande danno economico specialmente per gli atenei meno prestigiosi. Molti esperti del settore spiegano che le università cercheranno di abbassare i requisiti accademici in modo da attrarre il maggior numero di studenti e compensare le perdite economiche. “Ci sarà una grande redistribuzione dalle università di bassa fascia a quelle più prestigiose”, spiegano al Foglio Elaine Drayton e Ben Waltmann, autori di uno studio sul tema per l’Institute for Fiscal Studies: “Questo significa che gli atenei meno rinominati, molti dei quali già affrontano seri problemi economici, rischiano di perdere il maggior numero di studenti”. Lo studio rivela che tredici università, di cui non fa il nome, sono sull’orlo della bancarotta e potrebbero essere salvati da un intervento del governo. Il bailout costerebbe solamente 140 milioni di sterline ma, secondo Drayton e Waltmann, “non risolverebbe affatto i problemi economici strutturali delle università e darebbe il segnale che il governo è disposto a salvare chiunque non riesce a farcela da solo”. Gli atenei più rinominati, che solitamente attraggono il maggior numero di studenti internazionali, sono meno vulnerabili agli effetti del Covid. Queste università possono sopportare un calo nel numero degli iscritti perché hanno una posizione finanziaria molto più solida. Inoltre, come spiega Ivor Roberts, ex rettore del Trinity College, Oxford “non subirà la crisi perché riceve moltissime domande da ragazzi stranieri ogni anno. La maggior parte sarà onorata di studiare a Oxford malgrado il Covid”.

 

Nonostante le rassicurazioni degli atenei, molti addetti ai lavori credono che l’esperienza universitaria risentirà degli effetti del virus. Molte università intendono svolgere gran parte delle lezioni da remoto, e di conseguenza gli studenti del primo anno non conosceranno i loro colleghi di persona. “Anche per i docenti sarà un’esperienza completamente diversa”, spiega un professore di un’importante università londinese che preferisce restare anonimo: “Gli atenei britannici sono famosi per il rapporto tra gli alunni e i docenti, che arricchisce entrambi. Mi dispiace pensare che dovrò vedere alcuni studenti del primo anno solo attraverso uno schermo senza poterli conoscere di persona”. A differenza degli asiatici, gli studenti europei sono intenzionati ad iscriversi all’università anche se dovranno seguire le lezioni da casa per i primi mesi. Molti di loro pensano di restare nel loro paese di origine finché non riapriranno definitivamente le università. “Solitamente in questo periodo siamo inondati di richieste dei ragazzi europei che si preparano a trasferirsi a Londra”, racconta Alessandra Gnudi di Casa Londra, che offre servizi immobiliari per studenti e professionisti: “Finora abbiamo ricevuto poche richieste ma ci aspettiamo un grande incremento entro la fine dell’anno”.

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