Il proprietario di un ristorante di Dallas, in Texas, il giorno della riapertura del locale dopo il lockdown (AP Photo/LM Otero)

Che succede se si abbassa la guardia contro il Covid? Si diventa come il Texas

Luciana Grosso

Lezioni dallo stato americano, dove l'allentamento del lockdown deciso dal governatore repubblicano Abbot ha portato a un ritmo drammatico di 8.000 infetti al giorno e 3.000 morti

Se il Covid fosse una persona, probabilmente gli diremmo, “Dai, basta così. Adesso smettila, siamo stanchi”. Ma il Covid non è una persona. E infatti è più tenace ed efficace di quanto una persona media possa essere. Così, a sette mesi dal giorno in cui lo abbiamo sentito nominare per la prima volta, siamo ancora qui a parlarne e a non sapere che farci.

 

Non lo sappiamo noi, con la Lombardia focolaio d’Europa, non lo sanno, probabilmente, in Cina, non lo sanno in India, non lo sanno in Brasile, non lo sanno neppure negli Stati Uniti, dove, dopo tre mesi di contagio, sembrano ancora al punto di partenza.
Certo, a New York, stato che ha pagato un conto salatissimo (24 mila morti su una popolazione di 19 milioni di abitanti; l’Italia ha avuto 37 mila morti su una popolazione di 60 milioni), sembra che le cose stiano andando un po’ meglio e, lentamente, stiano tornando alla normalità.

 

Ma altrove no. Anzi, stanno peggiorando: il paese marcia al ritmo di 50 mila contagi al giorno, concentrati per lo più in Florida, California, Arizona e Texas.

 

E in Texas, stato repubblicano che, più per ragioni di ortodossia trumpiana che per ragioni sanitarie, aveva sottovalutato la malattia e  dichiarato un lockdown molto breve (solo 4 settimane) in queste ore si sta assistendo a una clamorosa marcia indietro del governatore, e a un altrettanto clamoroso aumento dei casi. Lo stato marcia al ritmo di 8.000 nuovi contagi al giorno, i letti di ospedale sono completamente finiti e le morti si avvicinano alle 3.000. A peggiorare le cose poi c’è il fatto che  i casi hanno preso a crescere proprio dopo la fine del lockdown, il cui allentamento è riuscito nell’impresa di trasformare un’infezione relativamente blanda in una pestilenza fuori controllo. 

 

Per capire cosa sia successo occorre partire dall’inizio e da quando, all'inizio di marzo, si sono registrati i primi casi riconosciuti di Covid (in realtà sembra che il virus circolasse già da gennaio). Alla fine del mese i casi erano 2.700 e i morti 37. Numeri non particolarmente alti, ma che convinsero il governatore, anche alla luce di quello che stava succedendo in Europa e a New York,  a chiudere tutto e a dichiarare un mese di lockdown. L’idea era buona, ma serviva più tempo. Per per una malattia che circola sotto traccia come fa il Covid, un mese è troppo poco, così alla fine del lockdown, i positivi erano 28 mila e i morti 382. Male. Ma non abbastanza male da convincere il governatore Gregg Abbott a tornare sui suoi passi e a prolungare il lockdown. Così, con l’infezione ancora in giro, anzi in fase di rinvigorimento, ai texani è stato detto di non credere troppo a quel che diceva la televisione e di riprendere le loro vite, armati solo di qualche buon consiglio tipo “mettete la mascherina” o “non state troppo vicini”.

  

 

L’idea di Abbot (ma non solo) era che una volta fatta ripartire l’economia (altra grande e tutt'altro che secondaria malata di questa crisi) le cose si sarebbero sistemate da sole. La previsione era sbagliata. Senza lockdown e senza regole per salvare il salvabile e tenere nella stalla almeno i pochi buoi che non erano ancora scappati, il Covid ha ripreso forza e ha trovato nuovi ospiti che sono diventati veicolo di infezione. 

 

Cosi, a due mesi dalla fine del lockdown e a soli 15 giorni da un’intervista nella quale Abbot diceva che la situazione era sotto controllo e che non c’era nulla di cui preoccuparsi, il governatore ha dovuto rimangiarsi tutto, imporre l’obbligo di mascherina (pena una multa di 250 dollari), il divieto di assembramento e soprattutto minacciare un nuovo lockdown. “Dobbiamo concentrarci nuovamente sul rallentamento della diffusione, ma questa volta vogliamo farlo senza chiudere di nuovo il Texas", ha detto il governatore lasciando intendere che l’ipotesi è tutt’altro che esclusa.

 

 

Così, mentre il Covid fa il nido in Texas, a tutti noi, dalla Lombardia a New York, passando per Londra, per l’India e per il Brasile, non resta che guardare cosa succederà. 

 

E non è questione di propaganda e di campagna elettorale, non è questione di tanto peggio tanto meglio, non si tratta di dimostrare che Donald Trump e i suoi sono stati amministratori scellerati (lo sapevamo già anche senza Covid) ma è questione di capire cosa può succedere, ancora e ancora, in Texas, in Italia, in Gran Bretagna in Spagna, se si abbassa la guardia. Si tratta di sapere se il Covid abbia finito con noi, o se tornerà. Si tratta di chiedersi se, in futuro, una mascherina da 50 centesimi e le chiavi della porta di casa, saranno ancora sufficienti a proteggerci. 

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