Angela Merkel (foto LaPresse)

Merkel prodiga, perfino spendacciona, e decisionista con l'Europa

Giuliano Ferrara

Per l’Italia sarà molto più difficile spendere, e bene

Così Angela Merkel si rivela prodiga, perfino spendacciona, e decisionista. Elaborato un pacchetto di finanziamenti che sono in parte condivisione del debito, e sono composti in misura notevole di grants, roba a fondo perduto, vuole che il programma si attivi subito, entro l’estate. Lo vuole e lo dice a chiare lettere: la Germania sta per assumere la presidenza semestrale dell’Unione, non scalderà la sedia e si candida a protagonista della ricostruzione mollando vecchi schemi, alleanze, patti nordisti antidebito. Nella logica della convergenza delle economie in Europa, e della solidarietà, che è per l’appunto la logica non realizzata con la zona euro nel tempo dell’austerità e del cosiddetto egemonismo di Berlino, i finanziamenti sono squilibrati a favore dell’Italia, particolarmente colpita dall’epidemia, e passano lungo l’asse politico franco-tedesco, irrobustito dalla ovvia partecipazione di Spagna e Italia, per la irritazione dei paesi ricchi e frugali, come si dice, e dei sovranisti a vario titolo amici dell’opposizione italiana in fregola antieuropeista.

 

La trasvalutazione di tutti i valori si realizza entro un’unione sovranazionale che resta forgiata dall’impulso mercantile e monetario, di bilancio, che resta un luogo di negoziato a sfondo commerciale, di dare e avere, com’è naturale vista tutta la storia del progetto europeo. Paesi che mantengono ciascuno per sé la sovranità fiscale, e che si sono saldati nel mercato unico anche per competere tra loro, non solo nel mondo, tirano fuori in questa occasione decisiva gli artigli della grande politica, si coglie il momentum, e la battaglia contro la recessione e i pericoli di depressione è vista come una battaglia comune da vincere anche sacrificando interessi e sensibilità dell’opinione pubblica, naturalmente e spontaneamente divisa nel valutare la capacità di spesa produttiva di ciascuno dei partner, ma ormai presa in uno sforzo costruttivo comune che eccede i dettami della sovranità e antichi pregiudizi o canoni di tipo culturale e etico. 

 

Prevale in Europa continentale, con la Gran Bretagna che ha deciso di fare storia e politica a sé, un centro riformista a dominante popolare e liberale, in sintonia con la socialdemocrazia nel suo luogo di nascita e di sviluppo; era già successo nel 2015 sulla questione dell’immigrazione massiccia dalla Siria, e anche lì fu la Merkel a effettuare la svolta più radicale. Questa leadership che si diceva molle, melliflua in senso basso machiavellico, e che si voleva egemonistica ma senza responsabilità, senza vera capacità di guida, appare alla luce della grande crisi sanitaria e delle sue devastanti conseguenze economiche e sociali come una protezione e una visione calma, serena e fortissima. La responsabilità simmetrica dei paesi del Club Med, e la nostra italiana in particolare, non è mai stata così alta. Non si tratta di litigare su flessibilità e avanzo primario di bilancio, sul deficit, si tratta di spendere per riformare e trasformare. Dovessimo rivelarci incapaci di farlo, sarebbe grottesco. 

 

Sarà molto più difficile spendere e bene, riformisticamente, produttivamente, nel segno dell’efficienza, della semplificazione e del mercato, producendo reddito e non solo assistenza, i 173 miliardi che entro un anno, un anno e mezzo affluiranno nelle casse di un paese indebitato fino al collo e gravato da disfunzioni storiche che tutti conoscono. Un elemento essenziale sarà nell’evitare la solita rissosità, la corsa al primato, la vanità di molti conflitti senza base, dare veramente l’idea che in Italia non si accaparrano risorse a sbafo ma si contribuisce a uno sforzo collettivo fino a ieri difficile da prevedere in questa ingentissima misura, e si agisce senza più l’orizzonte asfittico dell’orgoglio paesano della destra minore. Sebbene siano state fissate elezioni regionali importanti per la fine di settembre, bisogna che una certa trivialità faziosa del linguaggio di parte sia sostituita da veri ragionamenti e da soggetti in grado di elaborarli e formularli in un contesto di distinzione dei ruoli, tra maggioranza e opposizione, ma non di sbraco. Prima della caccia al consenso facile e della rivendicazione di vecchie bandiere consunte c’è una tensione da cogliere che deriva dal rilancio di un’Europa popolare, liberale e socialdemocratica. 

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.