Gli stati non devono sprecare la virtù collettiva emersa dalla pandemia

Mauro Zanon

Sylvain Fort, ex consigliere di Macron, ci racconta la sua “opera morale” per combattere lo spirito di sconfitta

Parigi. Sylvain Fort non ha mai smesso di scrivere e di produrre idee, contribuendo alla riflessione metapolitica in Francia. Non è più il consigliere responsabile dei discorsi e della memoria, posto che ha lasciato nel gennaio del 2019 per riprendere il suo ruolo di consulente per i grandi nomi della piazza parigina, ma con il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, continua a esserci una “prossimità intellettuale”, dice al Foglio Fort, in un italiano impeccabile. Saggista, melomane e fine conoscitore dell’Italia, ha pubblicato “Verdi, l’insoumis” (Robert Laffont), una biografia del compositore parmigiano che “spiega fino a che punto Verdi, in ogni sua opera, sia stato capace di reinventarsi andando contro se stesso, e sia stato un artista indomito, rifiutando di entrare in qualsiasi quadro istituzionale, politico”. Anche la Francia, ora, ha necessità di reinventarsi, e di ridefinire, soprattutto, quel rapporto tra stato e collettività territoriali di cui la crisi sanitaria ha mostrato le debolezze e le criticità. “Viviamo in un mondo tragico, come ha detto spesso il presidente, minacciati da molti rischi: sanitario, alimentare, informatico, di sicurezza, militare, geopolitico. Noi, in Francia, riteniamo che lo stato debba occuparsene: tutto è delegato a lui. Ma con questa crisi ci si rende conto che lo stato non può tutto, che non è in grado da solo di far fronte a emergenze di questo tipo e che non può proteggerci da tutti questi pericoli perché è ostaggio di una burocrazia opprimente. L’amministrazione francese ha perso di vista da molto tempo l’esistenza di questi rischi: gestisce una specie di quotidiano, ma non ha prospettive, non è preparata agli scenari di crisi, non ha la capacità di gestire le situazioni di emergenza”, spiega l’ex plume di Macron, prima di aggiungere: “In Germania la crisi è stata trattata a livello dei Land: non si è atteso un piano nazionale per agire. In Francia invece ci si aspetta ancora che sia lo stato a dare l’autorizzazione a fare qualcosa. L’amministrazione centrale si è abituata a gestire tutti i problemi che la politica le ha chiesto di risolvere. E poiché la politica ha ceduto all’amministrazione una parte dei suoi poteri, l’amministrazione ha un potere sufficientemente grande per andare contro la politica”.

 

Negli ultimi mesi, prima dell’esplosione della crisi da Covid-19, il ministro per la Coesione territoriale, Jacqueline Gourault, stava affinando il suo progetto di legge “3D” (decentralizzazione, differenziazione, deconcertazione). Al termine “decentralizzazione”, che a una certa Francia giacobina e centralista fa venire i brividi, Fort preferisce il termine “responsabilizzazione”. “Bisogna avere fiducia nei cittadini per risolvere un certo numero di problemi. Ogni cittadino vive in un ecosistema di prossimità che dovrebbe fornirgli gli strumenti adatti per proteggersi dai rischi. Non deve attendere ogni volta che sia qualcuno in un ufficio di Parigi a dirgli come bisogna comportarsi”, dice Fort. Secondo quanto scritto mercoledì dal Monde, l’inquilino dell’Eliseo, a partire dalla prossima settimana, dovrebbe iniziare una serie di consultazioni con alcuni rappresentanti locali, al fine di preparare l’ambiziosa riforma dello stato, uno dei cantieri della seconda metà del quinquennio. Al dibattito su questa materia, ma da outsider, perché “non mi immischio nella politica, che si fa all’Eliseo e nei gabinetti ministeriali, anche se talvolta cerco di attirare l’attenzione del presidente su alcune idee nel senso metapolitico e in forma di sollecitazione intellettuale”, Fort ha partecipato con un saggio uscito lunedì per le Éditions de l’Observatoire: “Contre l’esprit de défaite, l’esprit de conquête”. “Per fare una politica nazionale bisogna avere una base morale condivisa. Avere uno spirito di conquista significa essere consapevoli che esistono degli ostacoli e che collettivamente è difficile raggiungere gli obiettivi di uguaglianza e di prosperità che ci si pone, ma significa anche rendersi conto che il raggiungimento di questi obiettivi dipende dallo stato morale del paese, e non solo dai mezzi finanziari e dai trattati diplomatici. Lo spirito di conquista è mettersi collettivamente in una situazione morale e intellettuale che ci persuada di essere in grado di conseguire determinati scopi. Ciò che oggi mi preoccupa in Francia sono i troppi messaggi, le troppe informazioni, le troppe voci, le troppe posture che ci allontanano da un atteggiamento morale tale da permetterci di affrontare il futuro serenamente. Quando questo atteggiamento non c’è, per la politica, soddisfare le ambizioni di uguaglianza e prosperità è ancora più complicato. E il rischio di fallimento è dietro l’angolo. La mia è un’opera morale”, afferma Fort.


Fort ci spiega come la Francia vuole reinventarsi, la prossima riforma dello stato, che è al centro dell’agenda presidenziale, e il rapporto difficile tra centro e amministrazioni locali. Il suo ultimo libro è un invito a trovare una nuova postura morale come base per cercare uguaglianza e prosperità 


Il popolo francese, così come quello italiano e di ogni altro paese europeo, ha dimostrato di essere molto più responsabile e disciplinato di come viene abitualmente dipinto, secondo l’ex consigliere di Macron. “La rinuncia alle libertà è stata considerata dalla maggior parte degli osservatori come una forma di obbedienza che non aveva alcun valore morale ed era semplicemente istintiva, dettata dalla paura. E’ troppo facile dire che si è trattato di docilità passiva. Guardandomi intorno ho visto i sacrifici affrontati dalle persone, dagli anziani che hanno accettato la solitudine alle coppie separate che hanno accettato di non vedere i figli, e in questi comportamenti ho constatato un elemento di forza morale che è stato ingiustamente sottovalutato”, dice Fort, e conclude: “Siamo in una democrazia liberale e ci siamo dimenticati che la sua base è la forza morale, che la Repubblica è fondata sulla virtù. Ritenevamo i popoli europei abbandonati ai capricci infantili della società del consumo: hanno invece dimostrato di essere capaci di virtù. Collettivamente bisogna riconoscere che è emersa una virtù collettiva che ci ha permesso di superare un ostacolo considerevole”.

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