Uomini della Guardia nazionale cercano di sedare le proteste ad Atlanta (foto LaPresse)

Il Pentagono dice no

Daniele Raineri

Trump vorrebbe i carri armati nelle strade, soprattutto dopo la notte nel bunker. La Difesa non è d’accordo

Roma. Il Pentagono tenta di non farsi trascinare dentro alla risposta dell’Amministrazione Trump agli otto giorni di proteste e di violenze seguiti alla morte di George Floyd e mercoledì il segretario alla Difesa, Mark Esper, ha detto che per lui i soldati in servizio attivo non dovrebbero essere usati per reprimere i disordini come invece vorrebbe il presidente Trump. E’ una prima aperta contraddizione tra il capo dei militari e un presidente che spesso ricorre ai soldati per compiti poco ortodossi, come la costruzione di alcuni segmenti del muro anti immigrati al confine sud oppure la grande parata del 4 luglio dell’anno scorso (che poi si è fatta in forma molto ridotta). Per la Difesa resistere alle richieste di Trump è una faccenda sempre più difficile da venerdì notte, da quando il presidente ha dormito nel bunker sotto la Casa Bianca, la cosa è diventata una notizia e lui si è sentito ferito nell’orgoglio. Per di più la settimana prima un lungo pezzo sul mensile Atlantic lo aveva definito “unmanly”, poco virile, a confronto con i suoi elettori-tipo che sono uomini stoici, taciturni e lavoratori, e lui aveva risposto su Twitter per rinfacciare all’Atlantic di essere in crisi editoriale e di avere licenziato molti giornalisti. Unmanly, appunto. E così nei giorni successivi Donald Trump ha provato a recuperare l’immagine di uomo forte a cui tiene molto. Sabato ha scritto che il Secret service, il servizio di protezione dei presidenti, ha armi spaventose e cani feroci e che gli agenti giovani affrontano le manifestazioni che circondano la Casa Bianca “per tenersi in allenamento”. Lunedì sera è uscito dal perimetro superprotetto ed è andato a piedi fino alla chiesa di Saint John, che è poco distante, e là ha tenuto in mano una Bibbia a beneficio dei fotografi assieme ai suoi collaboratori più stretti. La sortita ha attirato critiche perché per mettere in sicurezza quel breve tratto di strada le forze di polizia hanno rimosso i manifestanti – che in quel momento erano molto pacifici – con le brutte maniere e con i lacrimogeni. Ma non basta ancora, vuole uno “show of force”, che è la definizione militare delle operazioni fatte per intimorire il nemico. Per esempio il passaggio rasoterra dei jet sulle postazioni avversarie. Da giorni chiede il coinvolgimento diretto delle Forze armate, per proiettare una forza invincibile e differenziarsi dai governatori, che definisce “deboli”. “Siete diventati lo zimbello del mondo”, ha detto loro durante una chiamata collettiva lunedì. Sempre lunedì ha citato anche l’Insurrection Act, una legge del 1807 che gli consente di usare i soldati americani per spegnere un’insurrezione. Secondo il sito Daily Beast, Trump ha chiesto nei dettagli ai generali quali mezzi è possibile portare nelle città, inclusi aerei, elicotteri e carri armati.

 

 

Che qualcuno lo ascolti è evidente. Due giorni fa alcuni elicotteri militari si sono abbassati sulle strade di Washington per disperdere i manifestanti con il rumore e lo spostamento d’aria delle eliche. In cielo c’era anche un elicottero con gli uomini dell’Hrt, la squadra speciale dell’Fbi che interviene se c’è da liberare ostaggi, con mimetiche, fucili e le gambe a penzoloni nell’aria. E’ probabile che il livello di allerta a Washington durante i disordini sia stato molto aumentato, ma questa è un’ambiguità voluta: non si capisce dove comincia la necessità e dove finisce lo sfoggio di forza. Lunedì in conferenza stampa con i giornalisti il segretario alla Difesa Esper aveva detto che occorre “dominare il campo di battaglia” e la scelta di parole ha fatto irritare molti, perché il contesto è quello di grandi proteste contro la brutalità della polizia sugli afroamericani in tutte le grandi città della nazione e per quanto ci siano state violenze e saccheggi il riferimento al “campo di battaglia” tocca i nervi. Esper martedì ha tentato di giustificare la sua presenza alla photo opportunity di Trump davanti alla chiesa e ha detto che credeva che il presidente volesse controllare lo stato della situazione fuori dalla Casa Bianca. Un ex sottosegretario alla Difesa che lavora al Pentagono come consulente, James Miller, si è dimesso perché pensa che i militari dovrebbero essere fedeli alla Costituzione e lo ha spiegato in una lettera aperta (e molto dura) indirizzata a Esper e pubblicata dal Washington Post.

  

 

Mercoledì Esper ha parlato di nuovo e il suo tono era diverso. Oltre a non appoggiare l’idea di schierare l’esercito nelle strade, ha anche chiarito che sapeva cosa stava facendo quando ha accompagnato Trump e ha anche chiesto un’indagine sugli elicotteri che tentavano di disperdere la folla.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)