World Trade Organization WTO Public Forum 2010

Dal commercio alla salute, se muore il multilateralismo è un bel caos

Giulia Pompili

La causa? lo scontro tra Xi Jinping e Donald Trump

Roma. Il primo effetto collaterale della guerra di posizione tra America e Cina, alla fine dell’emergenza, saranno le organizzazioni internazionali, le istituzioni sovranazionali, insomma: il multilateralismo. Non è una novità, ma gli ultimi mesi di pandemia c’è stata una notevole alzata dei toni negli attacchi politici tra Washington e Pechino, e tra le vittime strumentali privilegiate di entrambi ci sono stati quasi sempre quei luoghi che dovrebbero essere di fiducia e coordinamento internazionale. L’annuncio delle dimissioni di Roberto Azevêdo, un anno prima della naturale scadenza da direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio, lambisce la questione. Azevêdo ha detto che se ne andrà ad agosto, e che le sue dimissioni sono dovute a “motivi personali”, niente di politico insomma. Ma il Wto è al centro dello scontro tra America e Cina già da molto tempo, e le pressioni americane potrebbero aver accelerato l’allontanamento di Azevêdo.

 

La guerra commerciale che va avanti tra i due paesi sin dal 2018 ha reso quasi insignificante, di fatto, il principio costitutivo dell’Organizzazione, nata nel 1995 a Ginevra per regolarizzare e incrementare il commercio internazionale. All’inizio di aprile Azevêdo aveva chiesto ai 164 paesi membri più collaborazione: “Il commercio non sarà il proiettile d’argento, ma può aiutare la ripresa economica durante e dopo l’epidemia”.

 


Roberto Azevedo, direttore generale del Wto (foto AP/Markus Schreiber)

 

Il 20 aprile, in una dichiarazione congiunta con il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, Azevêdo aveva detto che in una situazione d’emergenza come quella del coronavirus alzare il muro del protezionismo, soprattutto per quanto riguarda il materiale medico, sarebbe stato controproducente.

 

Già da qualche anno l’Amministrazione di Donald Trump critica il Wto, e ha più volte minacciato il ritiro dell’America dall’Organizzazione. Da anni si rifiuta di nominare alcuni giudici, di fatto rallentando l’operato dell’istituzione. Secondo Trump, nelle controversie internazionali i giudici hanno un pregiudizio antiamericano, anche se – come ha spiegato Adam Behsudi su Politico – l’America ha quasi sempre vinto le cause portate al Wto. Quando Trump dice che c’è un pregiudizio antiamericano, si riferisce alla teoria, sostenuta da molti falchi anticinesi in America, secondo la quale l’organizzazione di Ginevra avrebbe favorito la Cina nella sua cavalcata a diventare seconda economia del mondo.

 

Nel 2001, quando Pechino fece il suo ingresso nel Wto, fu una rivoluzione, un gesto di normalizzazione del paese e di apertura al mondo. La Cina fece il suo ingresso come paese emergente, e ha sempre fatto lobby affinché il suo status – che dà diritto a numerosi benefici – rimanesse invariato. Come si legge in un lunghissimo report del Centro per gli studi strategici e internazionali, Pechino ha molto potere in altre organizzazioni internazionali: per esempio, nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove ha potere di veto, ed è influente anche nel Fondo monetario internazionale, ma per quanto riguarda il Wto il sistema è più complesso. Le cause sono costose e articolate, e così la Cina, di solito, agisce in anticipo: minacciando per esempio ritorsioni nei confronti di quei paesi che vorrebbero rivolgersi al Wto per risolvere una disputa con Pechino.

 

Da una parte il Wto è azzoppato dalla scarsa collaborazione di America e Cina, dall’altra l’Oms è l’altro grande tema di questa pandemia: il suo ruolo, la sua affidabilità. Trump ha minacciato di tagliare i fondi anche all’istituzione di Tedros, eletto direttore generale grazie anche alla cordata cinese, e sappiamo bene che dove l’America si ritira, la Cina è pronta a riempire quel vuoto. Ma la centralità dell’Oms è critica in questa fase, soprattutto perché sarà importante avere un’istituzione indipendente e sovranazionale nel momento in cui arriveremo a un vaccino.

 

L’episodio Sanofi è indicativo: il manager della multinazionale farmaceutica francese, l’altro ieri, in un’intervista a Bloomberg ha detto che la ricerca sul vaccino nell’azienda la sta finanziando l’America, che quindi avrà una sorta di corsia preferenziale nella distribuzione. Il giorno dopo Emmanuel Macron l’ha convocato all’Eliseo, perché il vaccino sarà un “bene pubblico mondiale” e dovrà essere fuori dalle logiche di mercato. Ma senza un tavolo multilaterale, un’istituzione sovranazionale a cui affidarci, chi si prenderà la responsabilità di essere fuori dal mercato?

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.