La piazza che Praga ha dedicato a Nemtsov, oppositore di Putin

“Un diplomatico russo è qui per avvelenare due politici”. La soffiata che fa parlare Praga

Daniele Raineri

Ormai in molti paesi dell’Europa dell’est le operazioni aggressive dei servizi segreti della Russia sono una costante

Roma. Domenica il settimanale ceco Respekt ha scritto che tre settimane fa un uomo con un passaporto diplomatico russo è arrivato all’aeroporto Václav Havel di Praga. Un’auto del corpo diplomatico russo lo stava aspettando e lo ha portato all’ambasciata russa a Praga. Le fonti della sicurezza ceca che hanno passato l’informazione a Respekt sostengono che il passeggero avrebbe viaggiato sull’aereo con una valigetta che conteneva ricina, un veleno molto potente. Le forze di sicurezza sapevano che quel viaggiatore sarebbe arrivato e hanno messo sotto protezione due politici cechi che nelle ultime settimane si sono fatti notare per due battaglie di idee contro la Russia.

  

 

Uno è il sindaco di Praga, Zdeneěk Hřib, che ha dato il suo appoggio alla campagna per dedicare la piazza davanti all’ambasciata russa al nome di Boris Nemtsov, il politico dell’opposizione russa ucciso a Mosca, a poca distanza dal Cremlino, cinque anni fa. Hřib era alla cerimonia del cambio di nome della piazza assieme alla figlia di Nemtsov. Ieri ha confermato di essere finito sotto scorta ma ha detto che la polizia gli ha chiesto di non spiegare perché. “E’ molto importante per me continuare a sostenere le mie convinzioni anche a rischio della vita”, ha detto in un’intervista a una radio indipendente russa.

 

La Russia ha preso molto male la dedica della piazza alla memoria del politico trucidato e l’ambasciata, che per la sua imponenza la gente di Praga chiama “il piccolo Cremlino”, ha scelto di cambiare indirizzo ufficiale e di usare una via laterale. Adesso l’indirizzo è 36 via Korunovacni e il sindaco Hrib ha detto che questa scelta gli sembra strana perché nel 2015 “lo stesso Putin aveva detto che l’uccisione di Nemstov è un atto malato e cinico e gli organizzatori devono essere puniti”.

 

 

Il secondo politico ceco messo sotto scorta è Ondrej Kolárř, sindaco del municipio sei di Praga, che il 3 aprile ha fatto spostare da una piazza di Praga a un museo la statua del maresciallo russo Ivan Konev, che alla testa dell’Armata Rossa cacciò i nazisti dalla Cecoslovacchia ma che negli anni successivi si occupò della repressione molto dura nei paesi rimasti dietro la Cortina di ferro. Konev guidò le operazioni militari per spegnere la rivolta ungherese nel 1956 e diresse la costruzione del muro di Berlino nel 1961. Anche in questo caso il governo russo ha preso molto male la vicenda. Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha offerto al governo ceco di trasportare a spese russe la statua del maresciallo in Russia e ha chiesto l’incriminazione di Kolár. Martedì scorso il ministro russo ha detto al governo ceco: “Ci aspettiamo da voi che ci diciate il luogo e il giorno della consegna”, ma il governo ha detto che la decisione spetta al municipio diretto da Kolár. La questione della statua – che era lì dal 1980 – andava avanti in modo tormentato da anni, è stata imbrattata più volte ma non poteva essere coperta perché i filorussi protestavano. La magistratura russa adesso ha aperto un’inchiesta grazie a una legge del periodo Putin che consente di incriminare per oltraggio chi rimuove i simboli sovietici – è una legge che è criticata perché è usata dalla Russia come uno strumento di ricatto politico contro paesi europei che da trent’anni non sono più vassalli dell’Unione sovietica.

 

Respekt è un settimanale ceco che pubblica spesso inchieste giornalistiche ed è considerato solido. Non c’è modo di confermare la storia, ma già soltanto che sia stata stampata così nero su bianco testimonia del clima che c’è oggi e del livello di allerta nella Repubblica ceca e più in generale in molti paesi dell’Europa dell’est, dove le operazioni aggressive dei servizi segreti della Russia sono una costante. La valigetta che contiene ricina è anche una citazione storica e porta subito alla mente l’ombrello bulgaro, l’arma creata dall’intelligence sovietica per avvelenare due dissidenti bulgari nel 1978 a Londra. La punta dell’ombrello iniettava una capsula di ricina nel corpo del bersaglio – uno dei due, il giornalista Georgi Markov, morì quattro giorni dopo essere stato colpito mentre era in strada.

 

Nel marzo 2018 due agenti dell’intelligence militare russa tentarono di avvelenare un disertore a Salinsbury, poco a sud di Londra. I due spruzzarono dell’agente nervino che tenevano in una boccetta di profumo sulla maniglia della sua porta di casa, ma il disertore e sua figlia sopravvissero, dopo molti giorni in ospedale. Una donna inglese che per caso raccolse la boccetta di profumo morì avvelenata un mese più tardi.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)