(foto LaPresse)

Trump ora scommette sugli immigrati

Redazione

Il mercato del lavoro americano è già al collasso. Le scelte necessarie

Ieri sono stati pubblicati i dati di marzo sul mercato del lavoro americano: 700 mila posti di lavoro persi, soprattutto nel settore della ristorazione, una cifra che ricorda quella degli anni 2008-2009 ma che risulta ancora più grave perché il crollo dell’occupazione è stato repentino. Il Wall Street Journal scrive: questo valore dice che “la crisi del mercato del lavoro è molto più profonda”. La richiesta di sussidi di disoccupazione a livelli elevatissimi – 10 milioni di richieste in due settimane – resa nota due giorni fa aveva già dato l’idea del guaio sistemico: l’America è il paese della flessibilità, si va giù e si torna su con una velocità più sostenuta rispetto agli altri, ma in questo momento di enorme incertezza sui tempi del “giù” visto che il “su” è ritardato dagli stati americani riluttanti al lockdown si nota soltanto che la grande ripresa occupazionale americana è svanita. E se ne accorge soprattutto Donald Trump che nella sua retorica elettorale dell’America tornata grande grazie a lui ha sempre utilizzato i dati sul lavoro come prova di successo: ora non può più.

 

E’ anche per questo – e perché il decorso del contagio da coronavirus è simile in tutto il mondo, non ci sono grandi eccezioni – che il presidente si sta affrettando, dice che saranno settimane molto dure, non parla più di Pasqua come il momento della riapertura e deve anche chiedere aiuto agli specialisti stranieri, medici e infermieri, perché arrivino negli Stati Uniti. Come la Londra brexitara che non può fare a meno dei medici stranieri, così le ambasciate americane in giro per il mondo mandano richieste agli specialisti: segnalatevi, vi mandiamo in America. Il governo sta anche allentando le regole per i lavoratori stagionali, facendoli arrivare dall’estero, perché l’Amministrazione sa che le aziende ora possono permettersi lavoratori a prezzo basso, non altri. “E’ una scommessa pericolosa”, scrive Politico, soprattutto per il trumpismo “first”, ma necessaria.