(foto LaPresse)

“Se la Cina non avesse mentito, il contagio oggi sarebbe molto ridotto”

Giulio Meotti

Uno Studio britannico e una intervista a Steven Mosher

Roma. “Può il governo cinese essere ritenuto responsabile di ‘negligenza criminale’ a proposito del Covid-19?”, si domanda l’economista Branko Milanovic. E’ la domanda che si fanno tanti editorialisti e osservatori. E’ quello che si sono chiesti anche i ricercatori dell’Università di Southampton. Quale grandezza e intensità avrebbe oggi la pandemia se Pechino avesse agito con trasparenza fin da subito, anziché occultare la verità da dicembre? Un nuovo studio condotto dall’ateneo britannico rivela che “se la risposta fosse arrivata una settimana, due settimane o tre settimane prima, i casi avrebbero potuto essere ridotti del 66 per cento, dell’86 per cento e del 95 per cento”.

 

“E’ la censura del Partito comunista cinese per i primi due mesi ad avere creato le condizioni per una pandemia globale”, ha affermato anche Steve Tsang, direttore del Soas China Institute dell’Università di Londra. “Il nostro grande esperimento di portare la Repubblica popolare cinese nella comunità delle nazioni è fallito”, dice al Foglio Steven Mosher, americano esperto di Cina e presidente del newyorchese Population Research Institute. “Non ero tra coloro che pensavano che una Cina con un pil in crescita si sarebbe democratizzata e avrebbe rispettato i diritti umani. Con il coronavirus, la minaccia di Pechino è sempre più evidente per decine di milioni di persone in Cina e nel mondo, mentre i vantaggi che si possono ottenere approfittando della forza lavoro cinese a basso costo (e oppressa) stanno diminuendo. Ogni giorno impariamo di più sul malvagio e incompetente regime che ha scatenato questo orrore nel mondo. Pechino ha deliberatamente nascosto l’epidemia per due mesi. Anche se alla fine è stata costretta dal crescente numero di morti ad ammettere di avere un problema, la Cina ha continuato a dissimulare praticamente nei due mesi successivi. Il mondo – dice Mosher – non è stato avvertito in tempo. Si stima che il 95 per cento delle infezioni in Cina, e quasi il cento per cento in tutto il mondo, avrebbero potuto essere fermate con un intervento tempestivo”.

 

Mosher è un assiduo frequentatore dell’Italia. “Ho viaggiato da Torino e Venezia a Bari. Mi addolora sapere che nel nord Italia centinaia di anziani si vedono negare letti e posti di terapia intensiva e che stanno morendo. Stanno morendo a causa dell’incompetenza e della malvagità del Partito comunista cinese. L’Italia ha aderito alla ‘Nuova Via della seta’, l’unico paese del G7 a farlo, con la promessa che avrebbe portato prosperità. Al momento, però, la ‘Nuova Via della seta’ cinese sembra essere una corsia preferenziale per la morte. Il Partito comunista cinese probabilmente non avrebbe potuto fare un lavoro migliore per ‘seminare’ una pandemia globale se ci avesse provato”. Mosher è durissimo, come tanti editorialisti americani anche liberal. “Siamo chiari: tutti coloro che si ammalano a causa del coronavirus, che muoiono a causa del coronavirus, a cui sono negate le cure mediche, tutti coloro che perdono il lavoro o settimane di vita a causa di una quarantena, ognuno di questi individui è vittima del Partito comunista cinese”. Mosher punta il dito contro l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). “Hanno aiutato la Cina a nascondere l’epidemia per un paio di settimane. I ricercatori dell’Oms sono stati tenuti fuori dalla Cina fino al 15 febbraio, più di due mesi dopo la scoperta dei primi casi. Ancora oggi, l’Oms non ha accesso a quei numeri che consentirebbero una comprensione completa della diffusione del virus. Senza queste informazioni, combattiamo al buio contro un nemico sconosciuto. Avremmo dovuto sapere che il periodo di incubazione era di due-tre settimane, per quanto tempo è in grado di sopravvivere sulle superfici e quali farmaci antivirali erano efficaci.  Non ci è stato detto nulla”, continua Mosher.  “E quello che ci è stato detto si è spesso rivelato falso.  Il numero di infetti e morti in Cina è molto più alto di quello ufficiale”. E se anziché il Partito comunista in Cina ci fosse stato un sistema libero chissà se oggi in Italia, anziché cinquemila, i morti non sarebbero a uno, due zeri in meno.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.