Gli sfollati li muove Assad, non Erdogan
L’autocrate turco ha ragione sulla crisi dei profughi: non può accollarsi sette milioni di siriani. Ma continuiamo a ignorare che a produrre l’esodo di massa è una campagna deliberata del regime siriano e della Russia
Qui al Foglio ci piacerebbe che la Turchia avesse un governo laico, che rispettasse le libertà di giornalisti e accademici (e di tutti in buona sostanza) e che riuscisse a trattenere le pulsioni aggressive contro i curdi. Ma in questo articolo di oggi non si parla di quei dossier dolorosi e ci si concentra sull’equivoco enorme che molti fanno a proposito della questione dei profughi siriani e dei confini dell’Europa. Vediamo titoli come “il ricatto di Erdogan” e “Erdogan spinge i profughi verso l’Europa”. Ebbene, il fatto è semplice: Erdogan ha ragione. I profughi che scappano a milioni verso l’Europa non sono turchi, sono siriani e vengono dalla Siria in guerra. E non sono in fuga da Erdogan, sono in fuga da una campagna militare del governo di Bashar el Assad e della Russia. Se gli aerei di Assad e della Russia non li bombardassero tutti i giorni, non si sposterebbero di un metro dalle loro case in Siria. Invece scappano verso la Turchia perché è la loro unica via di salvezza e perché c’è una campagna militare che li prende deliberatamente di mira e non c’è nessuno nella comunità internazionale – nessuno – che voglia occuparsi di loro. E però piuttosto che riconoscere questa realtà lineare, diamo a Erdogan una colpa che non ha: quella di produrre milioni di sfollati disperati.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitaleLe inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioniOPPURE
- Daniele Raineri
Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)