Cronache dall'Iowa, dove tutto dice che vincerà Sanders

Luciana Grosso

Al via le primarie democratiche. I sondaggi, e non solo, dicono che il successo del senatore è certo. Numeri, sensazioni e cosa significano per le prossime sfide

Qui in Iowa tutto dice “Bernie Sanders”: lo dicono i sondaggi, lo dicono le magliette  e le felpe delle persone in giro, lo dicono i manifesti elettorali. Lo dice un certo friccicore nell’aria dove “you can feel the Bern”. Lo dice la storia stessa dello Stato: per il 90% bianco, contadino, impoverito ma non troppo dalla crisi, terrorizzato dalla guerra commerciale con la Cina, ma sollevato dal fatto che le cose sembrano essersi appianate e la soia si può ancora vendere. Non solo: l’Iowa è uno swing ma non troppo, nel 2016 ha votato con entusiasmo per Trump e, fra 10 mesi, sembra intenzionato a fare lo stesso, chiunque sia il candidato dem.

 

Ma se l’Iowa pende per il destrorso Trump, perché allora dovrebbe vincere Sanders, che è il più a sinistra di tutti?

Detto in estrema sintesi, perché gli elettorati cui Trump e Sanders si rivolgono sono molto simili tra loro: bianchi, poveri, sfiduciati, disorientati, spesso giovani o millennials, disoccupati. Gente cui la vita ha fatto promesse che non ha mantenuto e che allora, per ripicca, sfiducia o stizza, decide di far saltare il tavolo e votare quello che di più dirompente offra il menù. E poi si vede, tanto peggio di così non può andare.

Così, se almeno per l’Iowa,i sondaggi per le presidenziali danno avanti Trump, quelli per le primarie incoronano Sanders: è dato vincente pressoché da tutti. Non è una questione di se ma di quanto.

 

  

Le cose potrebbero cambiare solo in presenza di una bassa affluenza (che potrebbe favorire Joe Biden). Se invece dovesse essere alta, potrebbe essere indice di una grande mobilitazione dei più giovani e, dunque, favorire Bernie Sanders (c’è una grande discussione sul rapporto tra Dem, Sanders e gli elettori più giovani: ne parla, con toni un po’ incendiari, il Chicago Tribune, qui).

 

Poi, a far pendere la bilancia dal lato di Bernie, c’è un altro aspetto, cruciale quando si parla di America e di elezioni: i soldi. Sanders non solo ne ha tanti, ma ne ha più incredibilmente di più dei suoi avversari:

Scrive Politico

Sanders ha speso 50 milioni di dollari negli ultimi tre mesi del 2019 per la sua campagna in Iowa. Si tratta di almeno 15 milioni in più rispetto a quanto hanno speso Joe Biden, Elizabeth Warren o Pete Buttigieg. E anche mentre esauriva il suo budget di spesa, la legione di donatori online di piccoli dollari di Sanders ha pompato abbastanza denaro da consentirgli di  finire l'anno con  18,2 milioni in banca, più del doppio di Biden, che invece ha solo 8,9 milioni.

 

E quando si tratta di elezioni, i soldi dicono più dei sondaggi, perché danno la misura esatta di quanto ampia è la base che un candidato è in grado di mobilitare e quanto grande è la fiducia che riesce a ottenere.

In tutte le tre voci (sondaggi, favore dei giovani, soldi), Sanders è nettamente in vantaggio.

 

Ma potrebbe non bastare. Il successo in Iowa, per la prima volta, potrebbe non fare da volano alla vittoria delle intere primarie, ma al contrario, coalizzare i suoi avversari. Perché le primarie, si sa, sono una specie di gara a eliminazione e, alla fine, vince chi riesce a conquistare i voti degli elettori rimasti senza un candidato. È una cosa che riesce a fare solo chi sa dialogare con le basi degli altri candidati. E in questo Bernie Sanders è pessimo.

 

Ha litigato in mondovisione con Warren, disprezza Biden, e sopporta a malapena Buttigieg (che però, almeno da liceale, lo considerava un suo idolo, tanto da scrivere un saggio su di lui).

Sarà un problema. Non adesso, che il campo è affollato, ma nei prossimi mesi, quando, uno dopo l’altro, i candidati lasceranno e i loro sostenitori dovranno cercarsi un altro campione.

Alla fine ne resterà soltanto uno. E non è detto che sia Sanders.