Il patema del governo spagnolo
Pedro Sánchez diventa premier per un paio di voti. Adesso ci sarebbe anche da governare
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Milano. La nomina del leader socialista Pedro Sánchez a presidente del governo della Spagna è stata affannosa anche nel momento del trionfo finale. Dopo quasi un anno di governo facente funzioni, dopo due elezioni vinte senza maggioranza, dopo mesi strazianti di negoziati, Sánchez è riuscito finalmente ad arrivare alla guida della Spagna. Ci è riuscito per un soffio, e con molti patemi. Nel processo di investitura in Spagna si vota due volte. Nella prima votazione, per formare il governo è necessario che la maggioranza assoluta dei deputati (176) si dichiari favorevole – e Sánchez la maggioranza assoluta non l’ha. Nella seconda votazione, 48 ore dopo, è sufficiente che i deputati favorevoli siano più di quelli contrari, al netto delle astensioni. La prima votazione si è tenuta domenica, e Sánchez ha ottenuto 166 voti favorevoli e 165 voti contrari. Questo ha preoccupato molto i socialisti: se alla seconda votazione, quella in cui basta la maggioranza semplice, anche soltanto uno dei deputati favorevoli avesse perso il treno per Madrid, il governo sarebbe saltato.
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- Eugenio Cau
E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.