(foto LaPresse)

Il futuro di Vladimir Putin

Micol Flammini

Da Trump alla Costituzione, i messaggi che il presidente ha mandato al mondo

Roma. Qualche istante prima che Mosca, spaventata e immobile, venisse blindata per un attentato davanti alla sede dell’Fsb in cui sono morte due persone, Vladimir Putin ha tenuto la sua conferenza stampa annuale e il tempismo potrebbe non essere un caso. Il presidente è rimasto davanti ai giornalisti per quattro ore e diciotto minuti. Ricordare la lunghezza dell’incontro del capo del Cremlino con la stampa è importante, ogni anno ci si aspetta un nuovo record, finora le quattro ore e quaranta minuti del 2008 rimangono ancora imbattute. L’incontro con i giornalisti, russi e internazionali, serve a creare un contatto con gli elettori, a far sentire la presenza del presidente, e a lanciare qualche segnale ai nemici e agli amici, soprattutto agli Stati Uniti, ai quali quest’anno Putin ha fatto sapere che l’impeachment è tutta un’invenzione dei democratici, “il partito che ha perso le elezioni adesso sta continuando la sua lotta con altri mezzi”. Donald Trump, ha detto Putin, ne uscirà pulito. Il rapporto tra i due presidenti si fa sempre più strano, qualche commentatore ha anche azzardato l’ipotesi che l’ostentazione di tanta amicizia da parte di un uomo che non ama sbilanciarsi non sia altro che un dispetto nei confronti dell’omologo americano. Trump mesi fa è stato anche invitato alle celebrazioni del 9 maggio a Mosca del Giorno della vittoria, sarebbe il terzo presidente americano, dopo Clinton e Bush, ad assistere alla parata nella Piazza Rossa. Putin ha aggiunto che la Russia è pronta a firmare un nuovo trattato con gli Stati Uniti per la riduzione delle armi nucleari, il New Start del 2010 è ormai in scadenza, ma le resistenze verrebbero da Washington.

 

Di armi e armamenti Putin non ha parlato molto, ci aveva già pensato Valery Gerasimov martedì, quando il generale ideatore della dottrina militare russa che porta il suo nome ha spiegato ai delegati di 70 paesi, mentre parlava di missili ipersonici e laser, che le minacce e i pericoli del mondo sono cambiati, quindi la Russia potrebbe avere bisogno di una nuova dottrina, in grado di adattarsi ai tempi. I russi sono stanchi della guerra, il Donbass non li smuove, costa, la Siria anche, alla Libia non sono interessati, il presidente ieri ha cercato di concentrarsi sui temi interni come la sanità, gli incendi che hanno devastato la Siberia durante l’estate o la Wada che ha bandito la Russia dalle competizioni olimpiche per quattro anni, decisione che Putin ha definito “ingiusta e contraria al principio di libertà individuale”. E poi sulla grande questione attorno alla quale il Cremlino gira e rigira da quando Vladimir Putin è stato rieletto lo scorso anno: la successione. Il presidente, secondo la Costituzione, non può ambire a un terzo mandato consecutivo, anche il tandem con Dmitri Medvedev ormai non è più replicabile. A quel nome, Medvedev, i russi sono ormai allergici, e il putinismo non ha eredi, se non lo stesso Putin. La domanda era inevitabile, da ormai un anno tutti vivono in attesa del 2024, vogliono vedere cosa accadrà e ieri il presidente russo ha lasciato intravedere la possibilità che la Costituzione venga modificata in molti suoi articoli, incluso quello che riguarda il numero dei mandati presidenziali. Qualche giornalista ha applaudito, qualcuno ha fischiato chi applaudiva, qualcuno nel prendere la parola ha detto “Congratulazioni Vladimir Vladimirovich!” e i colleghi rimasti senza microfono sono insorti.

 

Il 2019 è stato l’anno in cui il presidente russo si è concentrato maggiormente sulla possibilità di avere un peso sulla scena internazionale. E mentre cresceva il suo peso fuori dai confini russi, diminuiva l’amore che i suoi cittadini provavano per lui. Le condizioni economiche della Russia sono diventati argomenti di discussione. Il presidente non va più alla ricerca di amore e consensi, sa che può farne a meno. La nuova fase del putinismo è internazionale.

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