Il presidente Donald Trump serve la cena del Thanksgiving alle truppe americane nella base di Bagram, in Afghanistan (foto LaPresse)

I negoziati di Trump

Redazione

Il presidente a caccia di un “successo” rilancia di nuovo il dialogo con i talebani

Donald Trump è andato in visita alle truppe americane nella base di Bagram, appena fuori Kabul, per celebrare il Thanksgiving, ha servito il tacchino e fatto molte foto – è la prima volta che il presidente si reca in Afghanistan, dove i soldati sono impegnati dal 2001. Nel discorso tenuto nella base, Trump ha detto ai millecinquecento soldati davanti a lui che “stiamo vincendo come non avevamo mai vinto” ma che è necessario trovare una soluzione politica per poter tornare a casa e non sperperare questa vittoria. Da tempo Trump ripete di voler ritirare i soldati dall’Afghanistan, ripetendo il suo mantra “mettere-fine-alle-guerre-senza-fine” e lo ha confermato: dei 13 mila soldati presenti oggi, ne rimarranno 8.600. Vorrebbe però che i tempi fossero più veloci, ed è per questo che a settembre aveva invitato i talebani a Camp David per siglare una pace destinata a essere storica. Fu poi costretto a ritirare l’invito, dopo l’ennesimo attacco letale dei talebani, disse che dei terroristi non ci si può fidare e si mise a lavorare a un altro risultato storico, provando a incontrare il presidente iraniano Hassan Rohani, che poi decise di non rispondere nemmeno alla telefonata con Trump che gli aveva apparecchiato il presidente francese Macron. Durante l’incontro con il presidente afghano, Ashraf Ghani, Trump ha riaperto la questione talebana annunciando di aver rilanciato i negoziati: “Chiediamo un cessate il fuoco – ha detto – loro dicevano di non volerlo, ora dicono che invece lo vogliono. Credo che questa volta funzionerà”. Come è sua abitudine, Trump non ha fornito ulteriori dettagli: è stato deciso così, fidatevi. Siamo in campagna elettorale e Trump vuole un gran risultato da rivendere ai suoi elettori: ha ritirato le truppe dalla Siria causando uno dei danni più gravi alla credibilità dell’America come alleato soprattutto per quelli sul campo, cioè i curdi, ma poi le ha dovute rimandare a difesa dei pozzi petroliferi. Ora ritenta la carta dei talebani, con la stessa pericolosa incoerenza.

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